L’articolo 72 del Decreto-Legge del 25 giugno 2008, n. 112, ha innovato la disciplina contenuta nell’art. 16, comma 1, del decreto legislativo 503/92; il regime dei trattenimenti in servizio ha trasformato una atto doveroso (trattenimento in servizio per un ulteriore biennio a domanda del dipendente che compiva il limite massimo di età) in atto facoltativo. In vece che a 65 anni i dipendenti potevano rimanere fino a 67. Poi nel 2011 si è fatto marcia indietro. In quell’arco temporale l’Amministrazione, quindi, avrebbe valutato discrezionalmente l’istanza degli interessati, tenendo conto:
- delle particolari esigenze organizzative e funzionali dell’amministrazione;
- della particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti;
- dell’efficiente andamento dei servizi.
Subito si scatenarono le ovvie polemiche nate principalmente per le implicazioni sulla gestione del personale e sulla pianificazione delle risorse umane nella pubblica amministrazione. Alcuni hanno criticato la misura come un ostacolo al ricambio generazionale, considerando che le PPAA hanno tutto il tempo per preparare adeguatamente i sostituti.
Nella realtà furono moltissime le persone che oggi si lamentano come eccesivi i 67 anni previsti dalla normativa in vigore, che aderirono a questa possibilità e lo Stato, come pagatore in ultima istanza, risparmiava sulle pensioni ma pagava stipendi più alti delle pensioni medesime.
Lo stesso che succederebbe oggi
Infatti è tornato di attualità il prolungamento dell’età pensionabile, stavolta a 70 anni per i dipendenti pubblici, visto che si parte dai 67 e non più per un biennio, ma per un triennio; un innalzamento non automatico che richiede la volontà del dipendente di rimanere oltre i 67 anni e la necessità dell’amministrazione di trattenere personale esperto specie per gli Enti Locali.
Essi stanno affrontando difficoltà nel gestire il turnover a causa dei numerosi pensionamenti e non alle prese con gli adempimenti correlati al PNNR per cui è fondamentale mantenere questa tipologia di personale esperto. Un approccio bilaterale insomma: volontà del lavoratore, da una parte, e necessità dell’amministrazione, dall’altra.