Il sistema contributivo, introdotto con la riforma Dini del 1995, calcola la pensione basandosi sui contributi versati durante l’intera carriera lavorativa, anziché sugli ultimi anni di stipendio come avveniva con il sistema retributivo. Questo metodo è stato introdotto per garantire una maggiore sostenibilità del sistema pensionistico.
In generale, il sistema contributivo tende a fornire una rendita inferiore rispetto al sistema retributivo. Questo perché il calcolo contributivo considera l’intero arco della vita lavorativa, mentre il retributivo valorizzava maggiormente gli ultimi anni di lavoro, spesso i più remunerativi. Tuttavia, il sistema contributivo è considerato più equo, poiché la pensione è direttamente proporzionale ai contributi effettivamente versati.
Il sistema contributivo presenta diversi vantaggi, tra cui:
- Sostenibilità: Il calcolo della pensione basato sui contributi effettivamente versati durante l’intera carriera lavorativa rende il sistema più sostenibile a lungo termine.
- Equità: La pensione è proporzionale ai contributi versati, il che significa che chi ha versato di più riceve di più. Questo principio di equità però premia chi ha avuto una carriera lavorativa lunga e continuativa.
- Trasparenza: Il metodo di calcolo è più trasparente, poiché è chiaro come i contributi versati si trasformano in pensione.
- Flessibilità: Il sistema contributivo offre maggiore flessibilità nella scelta dell’età pensionabile. Ad esempio, è possibile andare in pensione anticipata con opzioni come l’Opzione Donna o la Quota 103.
- Incentivi a lavorare più a lungo: Poiché la pensione aumenta con l’aumentare dei contributi versati, c’è un incentivo a prolungare la carriera lavorativa, migliorando così l’importo della pensione finale.
Ora per colmare la differenza fra la pensione con il sistema retributivo e quello contributivo la legge si è affidata aduno strumento di natura privatistica, la previdenza complementare, individuando come principale base di finanziamento il Tfr.
Già da questo si vede che sostanzialmente ai fini del risultato finale non sposta niente, perché pensione e Tfr sono già nella disponibilità di ogni lavoratore dipendente. L’utilizzo della complementare, per i più avveduti è per avere un tfr più ricco. Questo perché l’importo accantonato al 31 dicembre di ogni anno viene incrementato da un tasso fisso, pari all’1,50%, e da un tasso variabile, corrispondente al 75% dell’aumento dell’indice Istat dei prezzi ed è un aumento fisso e garantito per legge, mentre per la previdenza complementare c’è il contributo del datore di lavoro dell’1 per cento, che su lunghi periodi è molto, sugli eventuali capital gain, perché il Tfr versato ai fondi viene investito sui mercati finanziari (con tutti i rischi che ne conseguono) e sui benefici fiscali.
Quindi in questo contesto la proposta del 25% obbligatorio (o facoltativo a seconda dei momenti e/o dell’interlocutore) nella complementare assomiglia un po’, mi si scusi l’accostamento, al gioco delle 3 carte, perché come dimostrano le statistiche Covip, solo una percentuale minima opta poi per la rendita, il 99 % dei casi, sceglie il capitale.