Il tema della residenzialità per gli anziani, più banalmente assicurare un alloggio consono all’età è un problema emergente delle società avanzate. Recentemente si è svolto uno specifico convegno a Roma (2 febbraio 2016)  organizzato da Assoprevidenza e Itinerari Previdenziali. Ora è uscito il Primo Quaderno di approfondimento a cura della Dot.ssa Laura Crescenini coordinatrice Tecnica Assoprevidenza   e del   Dr. Edoardo Zaccardi del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.
La pubblicazione approccia il tema della residenzialità per anziani, secondo una  visuale che oltre i classici aspetti “sociali” e considera le potenzialità che può rivestire come possibile investimento, convogliando in un unico fine risorse pubbliche e quelle private. Se è evidente, infatti, che il reperimento delle risorse necessarie per la costruzione di abitazioni coerenti con i bisogni della popolazione anziana rappresenta un problema di non facile soluzione se lasciato unicamente agli stanziamenti del settore pubblico, un ruolo significativo può essere svolto dagli investitori istituzionali, per i quali l’investimento immobiliare avente come target i senior appare particolarmente interessante, sia in relazione alle sue caratteristiche di lungo periodo sia con riferimento alla “funzione sociale”.
Il significativo invecchiamento della popolazione e la bassa natalità che ormai da tanti anni affligge l’Italia e che ha avuto il punto più alto proprio lo scorso anno,  hanno di fatto creato le premesse per un nuovo corso delle  politiche di sussidio alla persona che devono essere affrontate  in modo appropriato e moderno.
Il problema non è solo italiano: in tutto il mondo, secondo il Global Age Watch Index 2015, gli ultra sessantenni passeranno da 901 milioni del 2015 a 1,4 miliardi nel 2030.
Per quanto riguarda le condizioni di vita offerte agli anziani, dallo stesso rapporto risulta che l’Italia occupa soltanto il 37° posto su 96 Paesi esaminati. Se è ovvio come ai primi tre posti di questa particolare classifica figurino paesi come la Svizzera, la Norvegia e la Svezia, non può dirsi altrettanto se davanti al nostro paese figurano Panama (20° posto), Tailandia e Colombia. Il posizionamento complessivo riflette le valutazioni riferite a quattro diverse aree di analisi, nelle quali l’Italia si posiziona rispettivamente non molto bene:
1) Sicurezza del reddito ,     24ma   posizione.  La voce comprende: copertura pensionistica;  la percentuale dei poveri over 60; welfare in favore delle persone anziane, reddito netto pro-capite.
2)Stato di salute   6sta      posizione.  La voce comprende: aspettativa di vita a 60 anni; aspettativa di vita in buona salute a 60 anni; benessere psicologico
3)Opportunità economiche   63sima     posizione.  La voce comprende: occupazione 55-64 anni.
4)Inserimento sociale      74sima   posizione. La voce comprende: connessioni sociali; sicurezza fisica; libertà civili; accesso ai trasporti pubblici.
Il solo contributo pubblico non sarà in grado di fornire tutte le risorse necessarie, mentre allo stesso tempo è facile prevedere che l’assistenza delle famiglie alle persone non autosufficienti – tradizionalmente più elevato in Italia – subirà gli effetti delle nuove strutture familiari che si vanno affermando (coppia senza figli o con un solo figlio). La domanda di cure a lungo termine, possibilmente prestate da personale qualificato, è destinata a soppiantare l’assistenza che un tempo era offerta all’interno della famiglia patriarcale e ora dalle badanti.
In Europa si stima che i 26 milioni di over 80 del 2013 diventeranno 57 milioni nel 2050, mentre gli over 90 passeranno dai 4 milioni del 2013 ai 13 milioni nel 2050.  In Italia, invece, si prevede che nel 2050 gli ultraottantenni saranno circa 4 milioni, mentre gli ultra novantenni triplicheranno il loro numero rispetto al 2013.
Questo esercito di persone anziane, spesso sole e malate, richiederà sempre maggiori interventi. l privati e le istituzioni dovranno trovare insieme i mezzi e le soluzioni per queste nuove esigenze specialmente per la residenzialità delle persone anziane.
Il fabbisogno di strutture specifiche come le RSA ( Residenza Sanitaria Assistita) e le RAF                                                            (Residenza Assistenziale Flessibile) richiederà la creazione di altri 80.000 posti letto entro il 2030 per le sole persone con gravi deficit di salute. Poi bisogna tener conto delle necessità delle persone  autosufficienti, in buone o discrete condizioni di salute, che non ha bisogno di strutture di residenza permanenti e può essere aiutata a rimanere nella propria abitazione, magari in coabitazione con altre persone anziane.
Secondo l’Istat in Italia gli anziani che vivono da soli sono 3,5 milioni e il 46% di loro ha una pensione inferiore ai 1.000 euro al mese: per costoro il cohousing può diventare una forma anche per reagire all’isolamento.
Con questa situazione si devono pensare nuovi modelli residenziali di livello intermedio, per  rispondere alle necessità delle persone che invecchiando hanno bisogno di servizi adeguati (servizi infermieristici domiciliari, attività fisiche organizzate, fornitura di pasti caldi, servizi di pulizia e lavanderia), e che permettano loro di continuare a risiedere nella propria abitazione, senza tuttavia richiedere assistenza di tipo sanitario. Con il termine cohousing si fa riferimento ad esperienze abitative condivise che coinvolgono più nuclei familiari, dove singoli, coppie di giovani o anziani vivono in complessi residenziali composti da appartamenti privati e ampi spazi destinati all’uso comune (sale riunioni, cucine, lavanderie, laboratori, spazi gioco, asili nido, palestre, biblioteche e altri servizi). il Fondo Investimenti per l’Abitare (FIA), un fondo di fondi le cui quote sono state sottoscritte da Cassa Depositi e Prestiti, gruppi bancari e assicurativi, Casse di assistenza e previdenza professionale privatizzate e altri investitori qualificati, che opererà su tutto il territorio nazionale, acquisendo quote significative, ancorché di minoranza, di fondi immobiliari di social housing operanti in ambito locale.  Ora la partita può e deve includere anche i fondi pensione perché la scarsità delle risorse richiede nuovi apporti e i fondi hanno bisogno di nuove tipologie di investimento a condizione che per questo tipo di allocazione sia poi riconosciuto il credito di imposte con l’abbattimento di 9 punti percentuali dell’aliquota sui rendimenti. In pratica riportandola al livello ante 2015.
Così i fondi pensione e le casse di previdenza dei liberi professionisti potranno svolgere un ruolo sempre più significativo con la possibilità di realizzare investimenti di lungo periodo con tassi di rendimento interessanti ed avere l’opportunità, anche sfruttando le sinergie con i fondi/casse sanitarie, di offrire ai propri iscritti prestazioni assistenziali di qualità a costi accettabili, anche in virtù della possibilità di intervenire in maniera attiva nelle decisioni relative alla gestione delle strutture.
Fondamentale, a tal fine, appare peraltro l’esigenza di adoperarsi per definire un quadro normativo e operativo favorevole ad un ulteriore sviluppo del comparto, agendo su quei fattori (in particolar modo di natura amministrativa) che ancora si configurano come ostacoli al perseguimento dell’obiettivo, in buona sostanza , una semplificazione burocratica degli adempimenti.