Dopo i livelli minimi raggiunti il 23 marzo, i mercati azionari hanno registrato un recupero di circa il 20%, trainato dal ribilanciamento dei fondi pensione e dal tasso di crescita del contagio in diminuzione nei primi paesi dell’UE ad essere stati colpiti. Inoltre, i mercati del credito si sono rimessi in piedi a tal punto che sui mercati delle obbligazioni societarie statunitensi, le società stanno rifinanziando il debito esistente ad un ritmo sostenuto. Quest’ultimo elemento è dovuto soprattutto all’annuncio della Fed di voler utilizzare 30 miliardi di dollari in capitale azionario proveniente dal Fondo di riserva di emergenza del Dipartimento del Tesoro (ESF), fondi che saranno utilizzati per l’acquisto di obbligazioni societarie ad alto merito creditizio (investment grade).

Così come già fatto dalla Bank of Japan, anche la Fed sta rendendo più labile il confine tra politica monetaria e fiscale, attraverso il finanziamento diretto di una parte del pacchetto di 2.000 miliardi di dollari destinati al Coronavirus Aid, Relief and Economic Security (CARES), sbloccando così più di 450 miliardi di dollari di capitale dall’ESF. In Europa, le misure fiscali adottate a livello nazionale hanno una portata davvero significativa (in termini di percentuale del PIL), anche se variano sensibilmente da un paese all’altro dell’UE.

Il tallone d’Achille del progetto europeo rimane la mancanza di solidarietà fiscale. Infatti, la maggioranza dei membri dell’UE è favorevole all’emissione di Coronabond europei, mentre altri (Germania, Austria e Paesi Bassi) preferirebbero sfruttare il MES, Meccanismo europeo di stabilità, che a loro giudizio, è stato costruito per espletare tale compito.

Sottolineiamo comunque che, secondo noi, è ancora presto per vedere la luce alla fine del tunnel: anche se i mercati stanno iniziando a rivolgere la loro attenzione alle strategie di allentamento e di uscita dalla quarantena (l’Austria è stato il primo paese ad avviare un processo di normalizzazione), ci aspettiamo che tali misure siano molto graduali e dosate; il caos economico è comunque senza precedenti e con l’incombente arrivo dei report sul primo trimestre del 2020, vi sarà maggiore chiarezza sull’impatto reale (e purtroppo negativo) di questa crisi sui conti economici aziendali e sui bilanci. Ciò potrebbe indurre gli operatori di mercato ad adottare posizioni più caute.

La fiducia dei consumatori subirà un forte colpo a causa dell’effetto combinato della crisi sanitaria e del minore potere d’acquisto.

Pertanto, una volta tolti i fermi, non ci aspettiamo che i consumatori “spendano e spandano”.

Ci sono ancora aree di stress, come il mercato obbligazionario ad alto rendimento o le valute dei mercati emergenti. Senza un accordo globale tra i membri dell’OPEC+ e gli Stati Uniti sui tagli alla fornitura di petrolio, oltre 100 miliardi di dollari in obbligazioni ad alto rendimento di società dell’energia potrebbero iniziare una corsa selvaggia.

In definitiva, non ci aspettiamo un recupero a V (ma forse un recupero a U). Crediamo comunque che i parallelismi con la crisi finanziaria del 2008 non siano corretti: questa non è una crisi di natura sistemica, le banche sono meglio capitalizzate e le autorità competenti sono state più concentrate sulle loro politiche monetarie e fiscali.

Attualmente, i buyback di azioni e il pagamento dei dividendi sono sempre più posticipati, dato che le pressioni societarie stanno spingendo sempre di più verso il riorientamento dei flussi di cassa delle aziende lontano dagli azionisti. E probabilmente non si limiterà a questo. La giustizia fiscale e la corretta retribuzione per un bacino più ampio di lavoratori sono temi di politica che otterranno un sostegno sempre più ampio. Da un lato, i governi colmeranno il buco fiscale lasciato dall’impatto della crisi Covid-19 aumentando le tasse sulle imprese. Dall’altro, aumenteranno anche la spesa sanitaria per affrontare meglio le future emergenze mediche. In questo modo, il peso delle autorità governative aumenterà e questa dinamica deve essere presa in considerazione nella selezione e investimento nelle aziende, sia per motivi di base che in chiave di sostenibilità a lungo termine.

Alexander Roose
Head of International and Sustainable Equity
Degroof Petercam Asset Management (DPAM)
fonte: lamiafinanza.it