La gestione attiva è un valore aggiunto per i fondi pensione, ma bisogna delimitare bene  il suo ruolo.
Le turbolenze dei mercati azionari nell’ultimo periodo hanno riproposto la  questione del valore di una gestione attiva in merito a quale ruolo dovrebbe svolgere nella costruzione del portafoglio istituzionale.  La gestione attiva è una strategia di investimento con la quale il gestore prende una molteplicità di decisioni di investimento nel tempo, finalizzate a ottenere una performance superiore a quella di un indice di riferimento, cioè il benchmark prescelto.
Il concetto alla base di questa strategia è il seguente: il gestore espone il portafoglio a un rischio superiore a quello del benchmark; se il maggior rischio genera un maggiore rendimento, la strategia ha successo.
Ma quanto spesso tale strategia ha successo? A questa domanda non è possibile dare una risposta univoca: dipende dalla capacità del gestore e dalle condizioni dei mercati in cui opera. Carlo Svaluto Moreolo di IPE Investment e Pensions Europe ha chiesto un parere a manager,  leader e consulenti.
L’asset allocation è un processo attivo.
Diversi fattori hanno messo in discussione il ruolo della gestione attiva nella costruzione del portafoglio istituzionale. Uno è la regolamentazione. Ad esempio, i fondi pensione del Regno Unito sono  sotto pressione per far  investire i fondi  in veicoli passivi per limitare i costi, mentre il passaggio ad una remunerazione a costi fissi, invece sui risultati   ha ridotto l’incentivazione alla gestione attiva per i consulenti finanziari indipendenti (IFA).
La performance è stata un altro driver del cambiamento, soprattutto nei mercati più efficienti; l’indice S & P 500 è stato posizionato nella parte superiore dei gestori azionari degli Stati Uniti negli ultimi cinque anni, con l’eccezione del 2013. Inoltre,  a scanso di equivoci, i gestori attivi sono molto prudenti. In effetti, l’ investire è sempre più cauto che generalmente sceglie di farlo attraverso veicoli come Exchange Traded Funds (ETF). Ciò è dovuto, in particolare, al loro desiderio di controllare il rischio di portafoglio, dal momento che  questo investimento potrebbe aggiungere esposizioni indesiderate.
E’ importante sottolineare che la selezione dei fattori è un processo attivo, ed  è valido se l’allocazione è statica – con gli investitori  che assegnano il  loro portafogli azionario attraverso un mix di fattori, maturati in base all’ esperienza come la bassa volatilità, la qualità, slancio – o dinamici, applicati attraverso regole di riequilibrio sistematiche, o in funzione del ciclo economico.
Si pensa anche che  l’investimento intelligente è una decisione attiva, quando deve valutare  differenti schemi di ponderazione, come ad esempio la capitalizzazione di mercato, la parità di rischio o la massima diversificazione tra i singoli titoli e mercati  perché possono portare a differenti prestazioni.
Anche gli investitori più sofisticati con una forte competenza per le  asset allocation dinamiche hanno interesse  per metodi e processi di asset allocation innovativi, con una preferenza per  l’ absolute return su più approcci di riferimento tradizionali.
Di conseguenza, la distinzione tra gestione attiva e passiva è sempre meno netta. Il ruolo della gestione attiva non è scomparso; la sua attenzione si è appena spostata nel tempo. La scelta dei fattori e schemi di ponderazione e la ricerca di valore attraverso l’asset allocation sono tutte decisioni attive  su cui  gli investitori devono ora concentrarsi. Per i gestori patrimoniali, la sfida è quindi quella di fornire una combinazione di una vasta gamma di veicoli passivi e di competenze attive selezionate con una forte capacità di accompagnare gli aderenti  nelle loro decisioni di asset allocation e nella esecuzione dei programmi di quest’ultima quando poi questi ultimi devono scegliere il comparto di investimento.
Ci sono opportunità nei rischi
L’effetto QE ( Quantitative easing) sui mercati è ben documentato, e non sorprende che i mercati hanno prima girato in positivo, ma i rendimenti sono diventati negativi senza mettere in moto nessun processo inflattivo in barba alla teoria che vuole la moneta deprezzarsi quando aumenta il circolante.
Con il  QE, la conseguente deflazione dei prezzi, compressione dei rendimenti e la volatilità rendono incerti il panorama…
In particolare, il  2015 è stato generalmente un anno migliore, e la leggera ripresa che abbiamo visto significa che ci sono ancora possibilità nonostante l’inizio del 2016 non è stato soddisfacente. Ma, molti gestori attivi hanno fatto materialmente meglio rispetto agli anni passati.  Guardando indietro all’ultimo anno la   gestione attiva ha consegnato alcune centinaia di punti base al di sopra dei  benchmark di riferimento e possono essere piuttosto soddisfatti anche nella situazione di basso rendimento in cui ci troviamo.
Certo, gli investitori possono ottenere esposizioni efficienti attraverso strategie passive tradizionali e la scarsa diligenza nella selezione dei gestori, almeno nei paesi extraeuropei, rischia l’esposizione a strategie aggressive. L’opportunità di fare rendimenti basandosi su  strategie più aggressive o innovative , da strategie quantitative, rafforzano gli approcci tradizionali fondamentali incentrati sugli azionari, fino ai fondi a reddito fisso non vincolati che non possono essere collegati ad un punto di riferimento di benchmark tradizionale. Gli investimenti alternativi possono svolgere un ruolo fondamentale anche nella diversificazione e l’asset allocation attiva di questo campo è importante. Molti si avvicinano agli hedge found. L’hedge fund è un fondo speculativo i cui rendimenti non sono sempre correlati dall’andamento generale dei mercati.
Sono  fondi speculativi. Nati negli Stati Uniti negli anni ’50, questi fondi  presentano sia un elevato grado di rischio, sia la capacità di poter conseguire rendimenti positivi anche nel caso in cui le condizioni di mercato siano avverse
Per quest’ultima ragione confluiscono negli hedge fund investimenti da parte di investitori istituzionali. Per le PMI vanno bene anche gli investimenti in private equity. Private equity è l’attività dei fondi che investono in capitale di rischio per supportare la crescita delle imprese non quotate
Senza dubbio, una gestione attiva continuerà a svolgere un ruolo cruciale nel portafogli istituzionali con budget di rischio circoscritti, e forse eliminati negli anni a venire.