Gli scenari economici mutano molto rapidamente, soggetti come sono ad essere strettamente legati ai fatti che si succedono nel mondo.
Gli scenari idilliaci goduti fino al 2019 purtroppo sono un lontano ricordo. Ci eravano appena lasciati alle spalle la crisi cominciata addirittura nel 2008 con i subprime, il mondo sembrava tranquillo. Gli sforzi dei responsabili delle banche centrali avevano come unica preoccupazione quella di far lievitare l’inflazione almeno al 2% in modo da evitare i rendimenti negativi sui titoli di debito.
L’Italia era protetta dal quantitative easing quando come fulmine a ciel sereno l’umanità è stata colpita dal Covid, che a tutt’oggi staziona ancora dalle nostre parti. Non è scomparso perchè messo in sordina dal altri più drammatici avvenimenti.
Proprio a causa del coronavirus, nel 2020 c’è stato un nuovo piano di acquisti aggiuntivi di 120 miliardi di euro per far fronte all’emergenza sanitaria. Nello stesso anno la BCE ha lanciato un PEPP ( Pandemic Emergency Purchase Programme), con acquisti di titoli del settore pubblico e privato sempre per far fronte all’emergenza pandemia da Covid-19. Poi è stato varato stato il PNRR per rilanciare le economie.
Senonchè già con la pandemia, che aveva un pò bloccato il commercio mondiale con la conseguente rarefazione di alcune materie prime aveva causato le prime fiammate inflattive, poi con l’aggiunta della guerra in Ucraina, la situazione è precipitata. Così il Commissario all’economia della UE, Paolo Gentiloni ha abassato le stime di crescita di tutti gli stati membri e reso noto che l’inflazione in zone Ue viaggia nellì’ordine del 6% annuo. Una doccia fredda. Secondo alcuni analisti, per azzerare l’inflazione occorreranno parecchi anni e nel frattempo la situazione geopolitica non è destinata a migliorare.
l’inflazzione è un danno specialmente per i percettori di redditi da lavoro e pensionati.
La spesa costa di più eccetera, tutte cose che sappiamo bene.
Ma l’inflazione ha un altro effetto “collaterale”, quello sulla previdenza complementare. Infatti finora i redimenti dei fondi pensione sono stati sempre positivi perchè l’economia mondiale nel suo complesso, “tirava”, specie il settore azionario. Rendimenti positivi e maggiori di quelli garantiti dal Tfr.
Ora lo scenario può rapidamente mutare. Già nel primo trimestre i dati dei fondi pensione sono in calo, mentre i rendimenti del Tfr tendenzialmente screscono di più.
Questo perchè per legge il Tfr si rivaluta annualmente dell’1% più il 75% del tasso di inflazione.
Se le previsioni del 6% si dimostreranno esatte, il tfr quest’anno di dovrebbe rivalutarsi del 5,5% ( lo 0.75 di 6 è 4,5 + 1 = 5,5).
Quindi per battere il tfr, i fondi pensioni dovrebbero fare dei rendimenti maggiori, il che obiettivamente ad oggi appare un pò complicato.
Ciò potrebbe avere un effetto di rallentare ulteriormente l’adesione alla previdenza complementare. In questi anni il blocco reale alla crescita delle adesioni è stato proprio quello di essere legate alla volubilità dei mercati finanziari. Oggi molti saranno spinti a tenersi il tfr che oltre ad evere delle rivalutazioni assicurate per legge, queste saranno molto più consistenti che nel passato.

L’inflazione rilancia il Tfr e deprime la complementare