Sulla flessibilità in uscita sembra sentire riecheggiare il vecchio proverbio borbonico:” FACIMMO AMMUINA” quando per ostentare un’attività frenetica i capimastri ordinavano alle maestranze di muoversi velocemente pur senza far niente. Quelli che stavano sopra dovevano scendere già, queli che stavano a destra andavano a sinistra e viceversa. E’ lo scenario che si sta vivendo sulla riforma delle pensioni o meglio su un suo singolo segmento relativo alla flessibilità in uscita, cioè alla possibilità di poter andare in pensione prima dei 67 anni e svariati mesi (con la diminuzione della speranza di vita la riduzione potrebbe essere automatica).
Non si conosce ancora il numero di coloro che hanno scelto il part time pensionistico trovandosi a tre anni dalla pensione. E’ troppo presto ma i segnali non indicano una corsa all’utilizzo di questo strumento  anche se non pporta nessuna penalizzazione, anzi c’è il vantaggio di lavorare di meno e guadagnare sempre lo stesso. Figuriamoci sulla ventilata penalizzazione che si sta studiando ora. L’incartamento è stato tolto dalle mani di Poletti, Baretta, Damiano e Boeri ed affidato direttamente a Tommaso Nannicini, nientepocodimenoche sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
Ci va in pensione prima non si prende il maturato che è riferito al montante accumulato e all’età, deve avere una ulteriore penalizzazione. Quella proposta da Damiano/Baretta era del 2% per ogni anno di anticipo. Ora invece si pensa ad una penalizzazione del reddito posseduto. Poi chi va in pensione fino a 3 anni prima c’è una suddivisione di fattispecie:
a – lavoratore che si è stufato e basta
b – lavoratore che ha perso il lavoro
c – lavoratore di un’azienda in ristrutturazione.
L’intervento pubblico sarebbe assicurato nella seconda fattispecie, per le altre due ci sarebbe il famoso prestito previdenziale, anticipato dalle banche o società di assicurazioni.
È questa l’idea contenuta   nella risoluzione al Def votata ieri, dove si fa riferimento a “penalizzazioni ragionevoli” per la flessibilità sull’età di accesso alla pensione. La limatura, un tot percentuale fisso per ogni anno di anticipo sul requisito normale, si dovrebbe applicare solo sulla parte retributiva del montante, visto che la quota contributiva prevede in sè una penalizzazione in caso di ritiro prima della maturazione piena del diritto alla pensione. Per il rafforzamento delle pensioni minime se ne parlerà nel 2018, alla vigilia delle elezioni.   Entro maggio si conoscerà l’ipotesi governativa definitiva, L’impatto sui saldi di finanza pubblica sarebbe di circa un miliardo, molto meno dunque dei 5-7 miliardi che sarebbero serviti per coprire nei primi anni le altre proposte parlamentari e più vicino, invece, agli 1,4 miliardi necessari per coprire l’avvio dello schema proposto dall’Inps nel documento “Non per cassa ma per equità” dell’anno passato e in cui si immagina un’uscita anticipata per circa 30mila persone l’anno in fase di prima applicazione. Nelle prossime settimane i tecnici chiuderanno l’istruttoria anche sulla base delle simulazioni sulle potenziali coorti interessate.