E’ stato pubblicato il giorno 7 luglio 2016  il XV rapporto annuale dell’INPS. Il rapporto, oltre a tracciare un bilancio di ciò che l’Istituto ha fatto negli ultimi 12 mesi, utilizza i dati INPS per capire come sta cambiando il mercato del lavoro, quale copertura assicura il nostro sistema di protezione sociale, quali sono stati gli effetti di riforme sulle materie di pertinenza del nostro istituto.
STABILITÀ DEL LAVORO E PROTEZIONE SOCIALE
Il 2015 è stato caratterizzato da un forte incremento nella quota di assunzioni con contratti a tempo indeterminato ai danni dei contratti a tempo determinato.  I dati dell’osservatorio sul precariato documentano come il numero di contratti a tempo indeterminato sia aumentato di più di mezzo milione nel 2015. Il numero dei contratti senza una data di scadenza è aumentato complessivamente del 62%; per i giovani con meno di 30 anni questa percentuale sale al 76%. A partire da marzo 2016, il saldo mese per mese di assunzioni e cessazioni in questi contratti prefigura, alla luce dell’esperienza passata, una stabilizzazione su questi livelli più alti.
Si calcola che poco meno della metà (43%) dei contratti attivati con l’esonero sono stabilizzazioni di lavoratori all’interno della medesima impresa presso la quale già erano occupati (a tempo determinato o con collaborazione a progetto o con contratto di lavoro somministrato), mentre nel 57% dei casi riguardano assunzioni di lavoratori esterni all’impresa.

Quasi l’80% dei contratti attivati con l’esonero risulta realizzato da imprese nuove o comunque in crescita, mentre poco più di un quinto è legato al turnover interno ad aziende stabili o anche in ridimensionamento occupazionale. Contratto a tutele crescenti Oltre all’esonero contributivo sembrano avere giocato un ruolo nella stabilizzazione anche le nuove norme sul lavoro, con la progressiva applicazione dei contratti a tutele crescenti a tutti i lavoratori con contratti a tempo indeterminato. Lo si vede comparando la crescita delle assunzioni con contratti a tempo indeterminato nelle imprese tra i 15 e i 19 dipendenti (per cui il contratto a tutele crescenti ha effettivamente modificato profondamente il regime dei licenziamenti) con quella intervenuta nelle imprese più piccole, per le quali le regole sui licenziamenti sono cambiate in modo del tutto marginale. Il numero di assunzioni con contratto a tempo indeterminato è aumentato del 51% nel primo tipo di imprese contro il 40% delle seconde e questa differenza è statisticamente significativa.  Non sempre la stabilizzazione dei contratti di lavoro è accompagnata da una stabilizzazione nel tempo pieno. 4 lavoratori su 10 assunti con contratti a tempo indeterminato hanno impieghi part-time. E una quota importante degli impieghi fulltime (uno su due in Lombardia e tre su quattro in Campania) comporta meno di 312 giorni remunerati direttamente dall’impresa all’anno.  Sussidi di disoccupazione Il 2015 è stato l’anno di entrata a regime della NASPI. Più di 1,5 milioni di persone hanno fruito di questo trattamento. Il passaggio da ASPI a NASPI ha allungato la durata media teorica delle prestazioni dei sussidi di disoccupazione di oltre tre mesi, passando da 7,1 a 10,5.

LE POLITICHE DI SOSTEGNO ALLA POPOLAZIONE NON AUTOSUFFICIENTE IN ITALIA: DINAMICHE E PERSISTENZE Nei prossimi 50 anni le generazioni maggiormente a rischio di non autosufficienza passeranno da un quinto a un terzo della popolazione italiana. Ad oggi il grado di copertura dell’assistenza pubblica, secondo le stime INPS, raggiunge circa il 45% delle persone non autosufficienti.
Legge per assistenza, integrazione sociale e i diritti delle persone con handicap I permessi per congedi straordinari per disabilità grave e assistenza a soggetti disabili (L.104/92 e art.42 comma 5 D.Lgs 151/01), includendo nel calcolo le prestazioni di lavoro non rese ma retribuite nel pubblico impiego, costano circa 3 miliardi di euro all’anno. L’incidenza dei permessi retribuiti nel pubblico impiego arriva fino a 6 giorni pro-capite all’anno rispetto a un giorno e mezzo nel settore privato. Si registra inoltre una forte variabilità tra settori della PA, non sempre spiegata dalla struttura per età e genere dei lavoratori. Le indennità di accompagnamento Il numero dei beneficiari delle indennità di accompagnamento è cresciuto del 75,5% negli ultimi 15 anni, passando da 1,2 milioni nel 2000 a 2,2 milioni nel 2015, per una spesa complessiva pari a circa 12 miliardi annui. Una analisi della variabilità territoriale mostra che, controllando per struttura demografica, misure della pressione epidemiologica e condizioni socio-economiche, quasi tutte le province del cento-sud e isole presentano un numero di beneficiari di indennità di accompagnamento più alto rispetto al valore atteso.

Il programma home care premium

Il programma Home Care Premium rientra nell’ambito delle politiche di intervento a sostegno della non autosufficienza realizzate dall’Inps con l’intento di coprire parte degli oneri che gravano sulle famiglie per la cura dei parenti non autosufficienti. Il programma privilegia l’assistenza domiciliare e si realizza attraverso prestazioni economiche e di servizio. Home Care Premium opera anche mediante il coinvolgimento del ruolo degli Enti Locali più prossimi ai cittadini. Attualmente il programma di home care premium è destinato unicamente ai dipendenti pubblici che, per legge, contribuiscono, mediante trattenuta diretta ad alimentare fondi dedicati alla realizzazione di politiche di welfare in favore proprio o dei loro congiunti.
GLI EFFETTI DELLA LEGGE 214/2011 E LE SALVAGUARDIE

Nel rapporto si documentano le conseguenze del brusco innalzamento dei requisiti anagrafici e contributivi per andare in pensione imposto sul finire del 2011 dalla legge 214. Secondo le stime Inps, i blocchi introdotti da questa riforma, attuata nel mezzo di una pesante crisi finanziaria, hanno ridotto le assunzioni di giovani di circa 37.000 unità (nelle sole aziende con più di 15 dipendenti), perché imprese con vincoli di liquidità si sono trovate di colpo a dover trattenere lavoratori che erano in procinto di ritirarsi dalla vita attiva.
Le 7 salvaguardie, introdotte per stemperare le conseguenze di questo blocco, avranno negli anni un costo complessivo pari a 11,4 miliardi di euro, erodendo quindi circa il 13% degli 88 miliardi di risparmi di spesa attesi dalla legge 214 del 2011 sul decennio 2012-2021. Guardando ai costi amministrativi per l’Istituto, si stima che le salvaguardie abbiano avuto un costo ombra di quasi 34 milioni di euro. Circa il 61% delle pensioni erogate in regime di salvaguardia ha un importo inferiore a 2000 euro lordi mensili, il 27% è di importo fra i 2000 e i 3000 euro lordi al mese, mentre circa il 12% vale più di 3.000 euro al mese.

E’ bene inoltre mettere alcuni puntini sulle “i” riguardo il bilancio dell’Inps. Primo: l’INPS opera per conto dello Stato. Le sue prestazioni verranno comunque erogate, perché garantite da leggi dello Stato. Quello che conta per lavoratori, pensionati e imprese è, in altre parole, il bilancio consolidato dello Stato italiano, non il bilancio dell’Inps.  Secondo: le stime del disavanzo e del debito pubblico dell’Italia incorporano già i trasferimenti che saranno richiesti per ripianare i disavanzi dell’Inps. Terzo: il saldo annuale di bilancio dell’INPS riflette i trasferimenti dal bilancio dello Stato, alcuni dei quali sono effettuati a consuntivo. Si sta lavorando con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per riordinare e rendere più tempestivi i trasferimenti dal bilancio dello Stato. Analogamente si sta  lavorando per procedere a compensazioni di debiti e crediti dell’istituto verso lo Stato così da migliorare anche le rappresentazioni del nostro stato patrimoniale.

IL NUOVO MODELLO DI SERVIZIO

L’Inps sta cambiando la struttura organizzativa per meglio fornire consulenza personalizzata ai propri utenti sul territorio. Il presidio del territorio permetterà all’Istituto anche di rafforzare il raccordo con gli enti locali nel fornire protezione sociale.  L’Istituto intende passare da un modello di offerta dei servizi, che ricalca attualmente  l’organizzazione interna e le aree di produzione Inps, e che può risultare ostico per l’utente, ad un modello in cui l’utente è assistito sull’intera gamma dei suoi possibili bisogni, anche quelli non espressi, aggregati in relazione al suo profilo ed al suo “fascicolo elettronico” individuale. Inoltre, il nuovo modello di servizio sarà fondato sulla definizione di segmenti di utenti in funzione delle loro esigenze e delle modalità di interazione con l’Istituto.  E’ un processo che contiamo di portare a termine nel giro di due anni. Nel frattempo l’Inps ha già modificato il modo con cui fornire i propri servizi on line, la modalità prescelta da un numero crescente di utenti: l’Istituto ha un milione e mezzo di accessi giornalieri.  Il nuovo sito, il cui prototipo è online a partire da oggi, si concentra su tre aspetti chiave: centralità dell’utente, personalizzazione dei servizi e semplificazione del linguaggio. Nell’ultimo anno l’Istituto ha fortemente investito sulla cosiddetta “vigilanza documentale”, basata sull’incrocio di banche dati nella lotta all’evasione ed elusione contributiva. Nel biennio 2014-2015 sono stati accertati 410 milioni di euro di contributi elusi o evasi e oscurate oltre 28.000 posizioni di lavoro fittizie evitando che dessero luogo a prestazioni a sostegno del reddito e a contributi figurativi (per un risparmio di circa 240 milioni di euro).