Quando l’economia globale assorbe più ricchezza di quanto ne crea e la distribuisce in modo diseguale,  ritorna di moda l’economia curtense, cioè l’autosufficienza del cortile di casa. Questa inversione ideologica, diciamo così, perché le ideologie non esistono più, già aveva cominciato a manifestarsi da tempo. Ed è una pianta che  con il tempo e alla luce degli avvenimenti più recenti si irrobustisce. E’ alimentata dalla voglia di indipendenza di alcuni paesi, dalla costruzione di muri e steccati contro i profughi ed in ultimo dalla Brexit.  Molti stanno a guardare l’esperimento inglese per decidere.  Al momento non ha prodotto quegli sconquassi e macelli che gli esperti prevedevano, ma comunque dobbiamo vedere nel medio periodo cosa succederà effettivamente. Visto che la crisi non se ne vuole andare, gli affari ristagnano e l’irpef, evasione a parte, illanguidisce. Chi evade continuerà a farlo e chi non evade, ma ha cospicui capitali cerca di portarli all’estero, tranne fare le prediche in Italia. Nonostante il gettito complessivo in cifra assoluta aumenti, non è sufficiente per soddisfare tutti i bisogni del Paese. Così lo Stato è costretto a  ritirarsi sempre più marcatamente dal welfare previdenziale e sanitario, scaricando i costi sui singoli o sulle aziende. Così spera di ottenere la quadratura del cerchio riducendo le spese.
Di conseguenza il welfare come lo abbiamo conosciuto finora tende a restringere la coperta e gli spazi vuoti sono coperte dalle … elargizioni aziendali ( di quelle che hanno le risorse per permetterselo).
Tuttavia lo spostamento del baricentro dai contratti nazionali a quelli aziendali se dà maggiore flessibilità alle imprese non favorisce  quei lavoratori che non hanno uno straccio di contratto  e quelli i cui rapporti sono  regolati dalla legge, i cosiddetti non contrattualizzati, come gli appartenenti al comparto sicurezza (Carabinieri, Polizia di Stato, Vigili del Fuoco ed altri), per non parlare di un’altra categoria di futuri diseredati che stiamo costruendo, il popolo dei voucher. Miseramente pagati oggi, peggio saranno in pensione domani.

In Francia per  una cosa del genere, cioè la previsione della non centralità dei contratti nazionali, l’intero paese è stato bloccato per più settimane e  si teme che la protesta possa estendersi a tempo indefinito.
In Italia invece abbiamo avuto solo sterili e flebili proteste perché l’idea non trova accanite resistenze.
La borghesia illuminata del primo 800 faceva lavorare i suoi dipendenti, uomini, donne e bambini 15 ore al giorno ma “ il padrone”  si atteggiava a padre dei loro sottoposti, il c.d paternalismo, atteggiamenti  dai quali potevano discendere    anche effetti positivi, ma erano atti unilaterali di liberalità, quasi uno sgravarsi della coscienza: costruivano asili nido, mettevano l’ambulatorio in fabbrica, offrivano il pranzo societario dove alla fine, come ricorda una vecchia  canzone, veniva offerto anche da fumare ( alla fine della bella festa, una sigaretta a testa!). I dipendenti organizzarono le prime mutue di soccorso, contro questa carità pelosa, principalmente per avere un’assistenza medica, un sostentamento in caso di infortunio permanente o una provvidenza  a favore delle vedove in caso di morte. Questo ruolo, ampliato e codificato, è successivamente stato assunto dallo Stato. Il Welfare state, lo stato del benessere, ideato da lord Beveridge in Inghilterra e imitato progressivamente in tutto il mondo, in Italia fu accolto nella nostra carta costituzionale. L’art 32 riguarda la salute:” La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.  L’art. 38 è quello relativo alla previdenza e all’assistenza: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”.
Oggi questi principi rimangono, ma l’onere per realizzarlo viene spostato dalla collettività ai singoli soggetti. Non in maniera totale però, ma come integrazione, come completamento. I tre quarti lo mette lo Stato ed il rimanente quarto, se vuole, il singolo.
Il welfare integrato comprende la previdenza complementare ed i Fondi Sanitari integrativi oltre alle polizze meramente assicurative.

I Fondi pensione, anche se non hanno raggiunto quella dimensione complessiva che si sperava,  appaiono pronti a cogliere le prospettive di un sistema di welfare sempre più ampio.  Secondo  Damiana Mastrantuoni di Mefop, “Un processo di manutenzione evolutiva potrebbe, in particolare, condurre alla modernizzazione delle prestazioni dei Fondi pensione affinché la previdenza complementare possa coprire bisogni più ampi di welfare. Il Fondo pensione ha, infatti, la possibilità di sostenere il sistema pubblico nella copertura di diversi rischi sociali, soprattutto se collegato e coordinato con altri strumenti di welfare privato, in primis i Fondi sanitari“.
Il  welfare integrativo  nel frattempo, continua  a svilupparsi in modo non sempre coerente e senza una chiara disciplina di riferimento. In questi ultimi anni, infatti, si sono avviate iniziative di welfare integrativo, che generano una confusione sul ruolo dei diversi strumenti e, soprattutto, il rischio di sovrapposizione di tutele con contestuale dispersione delle risorse destinate.
Queste sono le ragioni che spingono ad auspicare un coordinamento  tra i diversi strumenti («incastro virtuoso» dei Fondi pensione con i Fondi sanitari). Più in particolare il confronto tra Fondi pensione e Fondi sanitari offre spunti interessanti.
Un Fondo pensione non si pone in maniera conflittuale con un Fondo sanitario proprio in relazione alle prestazioni sanitarie erogate a favore dei soggetti più deboli (soggetti che si trovano in quiescenza presso il Fondo pensione dopo aver perso il lavoro e i lavoratori anziani usciti dal mondo del lavoro prima o dopo il raggiungimento dell’età pensionabile).
E non è tutto: la soluzione previdenziale può arricchirsi di coperture che si attivano in caso di non-autosufficienza, di invalidità o di gravi malattie. I premi versati sono deducibili fino al limite annuo di 5.164,57 euro per sé o per i familiari fiscalmente a carico. Il piano pensionistico può essere attivato anche a favore di un figlio o di un nipote: un dono che sarà sicuramente molto apprezzato in futuro.