La sentenza n. 7/2017 della Corte Costituzionale emessa su ricorso della Cassa commercialisti (Cnpadc) ha riconosciuto le ragioni dei ricorrenti.
I giudici costituzionali hanno scritto che “l’ingerenza del prelievo statale rischia di minare quegli equilibri che costituiscono elemento indefettibile dell’esperienza previdenziale autonoma” e che il sistema, alternativo a quello pubblico, “merita di essere preservato da meccanismi – quali il prelievo a regime in esame – in grado di scalfirne gli assunti di base. Ciò anche in considerazione del fatto che detti assunti ne hanno, comunque, garantito la sopravvivenza senza interventi di parte pubblica per un ragguardevole periodo di tempo”.
La Corte si è espressa esplicitamente a difesa dell’autonomia degli enti previdenziali privati. “Negli anni ’90 – si legge nella sentenza – il legislatore italiano ha ritenuto che i due sistemi [pubblico e privato, ndr] potessero coesistere in ragione delle specifiche peculiarità”.  La Costituzione, osservano i giudici, non prevede l’obbligo  di “realizzare un assetto organizzativo autonomo basato sul principio mutualistico” ma “una volta scelta tale soluzione, il relativo assetto organizzativo e finanziario deve essere preservato in modo coerente con l’assunto dell’autosufficienza economica, dell’equilibrio della gestione e del vincolo di destinazione tra contributi e prestazioni”.
I magistrati hanno osservato che la disposizione censurata opera “in deroga all’ordinario regime di autonomia della Cassa, in parte alterando il vincolo funzionale tra contributi degli iscritti ed erogazione delle prestazioni previdenziali”.
Infatti la Consulta, “la scelta di privilegiare, attraverso il prelievo, esigenze del bilancio statale rispetto alla garanzia, per gli iscritti alla Cnpadc, la cassa dei dottori commercialisti,  di vedere impiegato il risparmio di spesa corrente per le prestazioni previdenziali non è conforme né al canone della ragionevolezza, né alla tutela dei diritti degli iscritti alla Cassa, garantita dall’art. 38 Cost., né al buon andamento della gestione amministrativa della medesima”.
La spending review è cominciata con l’applicazione di un prelievo del 5% nel 2012, poi aumentato fino al 15%. Nel solo anno 2015 la spending review è costata alle Casse aderenti all’AdEPP 10,8 milioni di euro. Ora le Casse privatizzate dei professionisti chi9ederanno la restituzione delle somme indebitamente prelevate.