I Pir sono meglio dei fondi pensione per la fiscalità

I PIR, Piani Individuali di Risparmio, sono investimenti di medio-lungo periodo, destinati esclusivamente a privati e fondi di previdenza, con la caratteristica principale di essere esenti da tasse se si mantiene l’investimento per almeno cinque anni. Questi piani d’investimento hanno come scopo principale quello di far affluire risorse alle piccole e medie imprese non quotate, il cui accesso al capitale è più difficile e sono un sostegno diretto all’economia reale per le piccole e medie imprese.
I PIR tradizionali (introdotti con la Manovra 2017) investono almeno il 70% in strumenti emessi da imprese, di cui il 25% non quotate su FTSE MIB o indici analoghi di altri mercati regolamentati e per un altro 5% in imprese che non appartengano né al FTSE MIB né all’indice dedicato alle Midcap di Borsa Italiana. Con i PIR tradizionali si possono investire 30mila euro l’anno e 150mila complessivi.
Uno stesso investitore può essere titolare di un Piano costituito ai sensi della precedente disciplina (legge 232/2016) e di uno composto secondo il dl 34/2020 (decreto Rilancio).

I vantaggi fiscali dei PIR

Tabella riassuntiva per aderire ad un PIR

Questi Piani che aggregano diversi strumenti finanziari , non possono investire in strumenti di finanza derivata, se non in particolari casi (ad esempio attraverso OICR PIR compliant) e solo a copertura dei rischi. Per almeno il 70% devono essere investimenti qualificati, ovvero strumenti finanziari anche non negoziati, emessi o stipulati con imprese residenti nello Stato, nella UE o nello Spazio Economico Europeo con stabile organizzazione in Italia.
Il PIR può investire negli strumenti finanziari emessi dall’impresa, su prestiti erogati alle imprese o in loro crediti. Il limite alla concentrazione degli investimenti in strumenti finanziari emessi dalla stessa o da altra impresa appartenente al medesimo gruppo è pari al 20% (rispetto al 10% dei PIR ordinari). Nella quota del 70% degli investimenti qualificati, possono rientrare anche strumenti emessi dalle società immobiliari. Nel PIR possono rientrare anche quote di prestiti di fondi di credito cartolarizzati, strumenti di social lending gestiti mediante piattaforme da società iscritte all’albo, istituti di pagamento regolamentati.

Sarà utile per chi vuole avvicinarsi ai PIR conoscere almeno sommariamente quelli che sono i mercati di destinazione per i titoli della Piccola e Media Impresa:

MidCap è forse il più importante di questi: è un indice che raccoglie tutte le imprese quotate a piccola o media capitalizzazione. Al suo interno si trovano le 60 aziende più grandi tra quelle che non fanno parte dell’indice FTSEMib. La composizione dell’indice viene aggiornata ogni 3 mesi;
AIM: il mercato degli investimenti alternativi; è un mercato regolamentato in seno alla borsa italiana e raccoglie le piccole e medie imprese italiane che abbiano dei buoni potenziali di crescita. Sarà Borsa Italiana ad individuare, a cadenza regolare, quali imprese far rientrare in questo indice;
STAR: in questo indice si trovano le aziende che hanno una capitalizzazione tra i 40 milioni e il miliardo di euro. Per far parte del segmento STAR bisogna inoltre possedere ulteriori requisiti: trasparenza, altissima liquidità e misure di Corporate Governance che siano in linea con quanto previsto dagli standard internazionali.

Di vantaggioso rispetto ai fondi negoziali della previdenza complementare è essenzialmente la fiscalità, in più ci sono da considerare i costi di gestione che incidono di molto sul risultato finale.
ISC medio fondi pensione negoziali (FPN) 0,37 comparto bilanciato perideo di riferimento 10 anni
( Covip).
I costi dei Pir sono infinitamente superiori partendo in genere dall’1,25%.

Fonti: PMI.it

Quellocheconta.it