Fra i tanti effetti negativi che la deprecabile e sanguinosissima guerra della Russia contro l’Ucraina c’è il congelamento del tavolo delle trattative sulla ennesima riforma delle pensioni. Si pensava di arrivare ad una intesa governo-sindacati prima della presentazione del DEF che dovrebbe avvenire il prossimo 5 aprile, per essere presentato poi al Consiglio Europeo il successivo 6 e 7.
I temi sul tappeto sono ormai noti, quello dell’anticipo pensionistico, quello della pensione di garanzia per i lavori a basso reddito e discontinui e, per i lavoratori più fortunati, il rilancio della previdenza complementare e forse in questo argomento si parlerà anche dei fondi pensione del comparto sicurezza che a tutt’oggi sono ancora esclusi dal poter costruirsi una pensione integrativa.
Le intenzioni del governo
Il governo pensa di inserire il tema “pensioni” nel Def indicando la linea che intende perseguire, senza aumentare ulteriormente la spesa previdenziale che nell’ultimo biennio ha ripreso a crescere.
Il sistema per ottenere questo è legare tutto al calcolo contributivo, in quanto così facendo si tratterebbe solo di una diversa distribuzione dei montanti accumulati senza nessun aggravio della finanza pubblica anche perchè il governo sembra intenzionato ad inserire nel suddetto Def anche un aumento programmato della spesa militare fino a raggiungere nel 2028 il traguardo del 2% del Pil.
Il pensiero di Itinerari Previdenziali
In previsione di questo appuntamento il Presidente di Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla ha pubblicato sul Corriere della sera e sul suo sito un articolo specifico dove afferma che il sistema è sostenibile, purché le età siano coerenti.
Non solo, ma la tenuta dei conti deve passare anche da una seria revisione delle legge Monti-Fornero e dalla capacità di riorganizzare le politiche attive per il lavoro, cioè in sostanza chiede la revisione della legge sul reddito di cittadinanza che a latere prevede anche la pensione di cittadinanza.
Tenendo presente il fenomeno demografico discendente ogni riforma dovrà tener presente un futuro di più pensionati e meno lavoratori attivi. Secondo Brambilla che il sistema potrà reggere solo ad alcune precise e indifferibili condizioni:
1) Correlare le età di pensionamento, attualmente tra le più basse d’Europa (circa 63 anni l’età effettiva in Italia contro i quasi 65 della media europea), all’aspettativa di vita;
2) politiche di invecchiamento attivo con misure volte a favorire un’adeguata permanenza al lavoro delle fasce senior della popolazione, adeguando le mansioni alle età delle persone impiegate evitando ad esempio che a 65 anni si vada ancora sui ponteggi, come nel secolo scorso, o si facciano lavori pericolosi e intensificando le misure di sicurezza sul lavoro e verifica reale dello stato di salute dei lavoratori attivi, anche al fine di ridurre gli infortuni sul lavoro.
Per la pensione di vecchiaia anticipata, la cosiddetta flessibilità in uscita, il punto di equilibrio è 64 anni di età, adeguata all’aspettativa di vita, e 38 anni di contribuzione, quindi, l’attuale Quota 102 in vigore quest’anno, ma aggiornandola con l’aspettativa di vita, calcolando tutto con il metodo contributivo: Questa misura non contiene nessuna penalizzazione, semplicemente si prende la pensione prima, e per 3 anni in più, quindi alla fine il conto è lo stesso.
La seconda azione riguarda l’eliminazione definitiva dell’adeguamento alla speranza di vita dell’anzianità contributiva.
Terzo punto la completa equiparazione dei “contributivi puri” eliminando il vincolo di avere una pensione a calcolo pari almeno a 2,8 volte la pensione sociale per accedere al pensionamento anticipato e 1,5 volte per la vecchiaia, che costringerebbe a lavorare fino a 71 anni. Inoltre, per questi contributivi, sarebbe equo migliorare l’integrazione pensionistica nel caso di pensioni basse estendendo l’integrazione oggi fissata fino ai 468 euro dell’assegno sociale.
Il quarto punto, vitale per la tenuta dei conti, riguarda l’utilizzo dei fondi esubero, dei contratti di espansione e della isopensione al posto delle troppe anticipazioni da giungla pensionistica.