Il giorno 5 maggio 2022 c’è stata l’audizione di Mario Padula presidente dell’Autorità di vigilanza sulla previdenza complementare presso la Commissione Bicamerale di Vigilanza sugli Enti di Previdenza.
Durante la sua audizione Padula ha richiamato all’attenzione della Commissione bicamerale anche alcune linee di intervento che potrebbero risultare utili per favorire un ulteriore sviluppo dei fondi pensione e per rafforzarne il ruolo del nostro welfare.
Alla fine del 2021 il totale degli iscritti alla previdenza complementare ha raggiunto circa 8,8 milioni, circa il 33 per cento dei lavoratori.
L’impatto della pandemia è stato complessivamente lieve e solo temporaneo.
L’iscrizione è più elevata nelle aree più ricche del Paese: in media tra il 35 e il 40 per cento delle forze di lavoro, con punte del 45-50 per cento laddove l’offerta previdenziale è integrata da iniziative di tipo territoriale. In queste aree i versamenti contributivi sono in molti casi anche doppi rispetto a gran parte delle regioni del mezzogiorno.
Riflessioni su alcune questioni aperte e possibili linee di intervento
Le potenzialità di sviluppo della previdenza complementare sono condizionate dagli andamenti macroeconomici del paese. La fase prolungata di bassa crescita, che ha caratterizzato l’economia italiana negli ultimi venti anni, si è accompagnata ad una bassa crescita dell’occupazione e delle retribuzioni, con ricadute inevitabilmente negative sul sistema della previdenza complementare – ma anche, in modo forse meno apparente, sulla previdenza di base – al cui sviluppo è essenziale la crescita di occupazione e retribuzioni.
Prima di entrare nel merito di possibili interventi il presidente della Covip ha sottolineato come la stabilità normativa rappresenta una condizione necessaria per lo sviluppo della complementare. Il risparmio previdenziale non solo guarda ad orizzonti lunghi ma presenta anche caratteri di parziale irreversibilità. I continui cambiamenti legislativi qualche volta anche contraddittori, scoraggia le adesioni, e fa abbassare il grado di fiducia nel sistema nel suo complesso.
La tassazione della previdenza complementare in Italia prevede la deducibilità dei contributi; la tassazione dei rendimenti che risultano dalla gestione degli investimenti; la tassazione delle prestazioni erogate. Bisogna rimodulare il meccanismo.
La crescita dei lavori discontinui e carriere frammentate, spesso accompagnate da bassi salari piatte, non facilita l’iscrizione alla previdenza complementare, pesando peraltro l’adozione di contratti di lavoro non tradizionali, che non beneficiano nemmeno di un contributo specifico a carico del datore di lavoro.
Si dovrebbe prevedere un intervento diretto dello Stato a sostegno delle posizioni pensionistiche di questi lavoratori, e in particolare delle fasce di età più giovani.
Quest’ultimo meccanismo avrebbe il vantaggio di rendere ‘tangibile’ il beneficio monetario dell’agevolazione, al contrario della deduzione la quale, confusa fra le altre voci della busta paga, non è di immediata e agevole percezione.
Ulteriori interventi diretti potrebbero andare nella direzione di definire alcuni meccanismi di incentivo, come ad esempio i limiti ai contributi deducibili, non più su base annuale bensì pluriennale, evitando così di penalizzare coloro che non sono in grado di destinare ogni anno alla previdenza complementare un flusso stabile di contributi.
Una nuova spinta alle adesioni
Una nuova spinta alla crescita della previdenza complementare può derivare anche dalla revisione dei meccanismi di adesione alla stessa.
Come ricordato sopra, nel 2007 venne introdotto il meccanismo del silenzio-assenso.
La riproposizione del silenzio-assenso potrebbe oggi essere meglio realizzata tramite l’utilizzo di procedure on-line. ione fornita a supporto delle scelte da compiere, i vantaggi dell’adesione.
Bisogna oltretutto considerare che i PEPP (Pan-European Personal Pension Products), i prodotti pensionistici individuali pan-europei ormai in fase di avvio, saranno con tutta probabilità collocati principalmente on-line; un ritardo nell’organizzare in modo adeguato tale canale di raccolta delle adesioni potrebbe esporre i fondi pensione nazionali a pressioni concorrenziali non trascurabili.