Anche per il prossimo biennio si potrà andare in pensione di vecchiaia a 67 anni con 20 anni di contributi invece dei previsti 67 anni e 3 mesi e conseguentemente gli altri requisiti generali di pensionamento per anzianità rimangono invariati, 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne.
Per le altre forme di pensionamento bisognerà come quota 103, opzione donna, bisognerà vedere il testo che sarà licenziato dal Parlamento con la legge di Stabilità 2023.
Questo è stato determinato dal fatto che i coefficienti di trasformazione vigenti per il periodo anteriore, rimangono inalterati.
Questi coefficienti servono per determinare la quota contributiva della pensione che, in linea generale, riguarda gli anni dal 2012 in poi per chi può vantare almeno 18 anni di contributi versati al 1995, mentre per chi ha iniziato a versare i contributi dal 1996 o aveva meno 18 anni di contributi al 1995 la quota contributiva parte dal 1996.
Questi valori, dal 2019, vengono aggiornati ogni biennio in relazione, fondamentalmente, alla variazione della speranza di vita dei cittadini sessantacinquenni.
Poiché in passato la vita media si è sempre allungata, i coefficienti venivano aggiornati al ribasso, così da garantire un bilanciamento tra montante contributivo accumulato e vita residua stimata. In tal modo il sistema di calcolo contributivo della pensione punta a un equilibrio tra montante a disposizione e pensione fruita, quindi a parità di montante se si vive più a lungo si ha diritto a un assegno mensile più basso.
Il decreto interministeriale 27 ottobre 2021, relativo alla variazione della speranza di vita utile per determinare l’adeguamento dei requisiti di accesso a pensione per il 2023-24, aveva certificato che nel recente passato l’aspettativa si era ridotta invece che incrementarsi, tant’è che nel prossimo biennio si andrà in pensione con gli stessi requisiti del 2021-22.
I coefficienti di trasformazione del montante contributivo applicati nel 2023-24 saranno più favorevoli di quelli del 2021-22. Ciò significa che, a parità di contributi accumulati, chi andrà in pensione nel prossimo biennio avrà un assegno mensile leggermente più alto di chi vi accede entro quest’anno.
Il Sole 24 Ore fa un esempio pratico, ipotizzando un montante contributivo di 150mila euro, chi accede alla pensione nel 2022, a 67 anni di età, ha una quota contributiva di circa 643,27 euro lordi per 13 mensilità; chi accederà l’anno prossimo, sempre a 67 anni, avrà 660,35 euro.