Il 16 febbraio 2023 si è svolta a Roma, in occasione del Ventennale di Assofondipensione, l’Assemblea dei fondi pensione negoziali.
Le misure invocate per il rilancio della complementare, in sintesi sono le solite: informare i giovani, detassare i rendimenti, aumentare la deducibilità dei contributi, agevolare gli investimenti dei fondi nell’economia del Paese. Quest’ultima poi è un mantra che va avanti da anni che è un alibi in sostanza.
Assofondipensione riunisce 32 fondi pensione negoziali istituiti nei principali comparti produttivi.
Le adesioni ai fondi pensione negoziali nel 2022
Nel 2022 le adesioni ai fondi pensione negoziali sono cresciute del 10,1%, per un totale di 3,806 milioni. Ma tra i giovani la conoscenza della previdenza complementare resta poco diffusa, tanto che la percentuale di aderenti under 34 è minima.
E’ invece aumentato il numero di iscritti over 54, che con l’avvicinarsi della pensione sono maggiormente sensibili. La concentrazione maggiore di aderenti rimane però nelle classi di età centrali (34-54 anni). Per genere il tasso di partecipazione delle donne, 30,9%, è pari a quattro quinti di quello degli uomini (37,5%); anche la contribuzione rimane di un quinto inferiore. Nelle situazioni in cui maggiore sarebbe l’esigenza di integrare la pensione di primo pilastro con quella complementare, il grado di partecipazione è quindi più basso, e questo è un dato preoccupante”. Inoltre restano ancora troppe differenze territoriali. I tassi di partecipazione più elevati si registrano nelle aree più ricche del Paese: in media tra il 35% e il 40% delle forze di lavoro In queste aree i versamenti contributivi sono in molti casi anche doppi rispetto a gran parte delle regioni del Mezzogiorno.
Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, la pensione pubblica potrebbe essere insufficiente a mantenere un tenore di vita adeguato. Per chi inizia a lavorare in questi anni, per i giovani quindi, la previdenza complementare diventa irrinunciabile per integrare un assegno pensionistico pubblico insufficiente. Potrebbe essere utile – ha sostenuto Maggi – dare avvio a un semestre di silenzio-assenso, che consentirebbe di favorire le adesioni ai fondi pensione, sia tra i nuovi assunti che tra gli occupati, nel rispetto del principio della volontarietà della scelta.
Tra gli interventi necessari a breve a termine è prioritaria, secondo il Presidente di Assofondipensione, occorre “una massiccia campagna informativa dedicata, anche per accrescere la consapevolezza sull’importanza di aderire alla previdenza complementare al fine di non lasciare che il TFR cosiddetto inoptato delle aziende con organico superiore ai 50 dipendenti confluisca nel Fondo Tesoreria INPS (circa 5 miliardi l’anno) ma possa tornare al secondo pilastro piuttosto che essere utilizzato per spese correnti”.
Le proposte di Assofondipensione per rendere i fondi più appetibili
Tra le misure utili per una maggiore appetibilità dei fondi pensione è stato indicato “una revisione della disciplina fiscale del secondo pilastro, attraverso la riduzione del prelievo fiscale sostitutivo sui rendimenti degli investimenti nei fondi pensione (attualmente del 20%) e il superamento del criterio del pro-rata nella tassazione delle prestazioni (come già avvenuto per la Rendita integrativa temporanea anticipata)”. Va abbandonata la tassazione dei rendimenti sul “maturato” in favore del criterio del “realizzato”. Si potrebbe incrementare anche il limite di deducibilità di euro 5.164,00, almeno per i redditi più alti e per coloro che aderiscono e versano contributi anche per un soggetto fiscalmente a carico.
Inoltre è da approfondire l’ipotesi di allineamento dello schema di tassazione della previdenza al modello europeo EET, che prevede l’esenzione dei contributi versati, l’esenzione dei rendimenti conseguiti dal fondo durante la fase di accumulo e la tassazione della prestazione erogata.
I rendimenti dei fondi pensione
Nell’ultimo anno il conflitto russo-ucraino e la crisi energetica, hanno determinato una riduzione dei rendimenti dei fondi pensione. Un evento eccezionale e anomalo che non può considerarsi indicativo, anche perché il sistema a capitalizzazione va valutato in un orizzonte di lungo periodo.
Sulla base delle ultime analisi COVIP, al 31 dicembre 2022, gli investimenti dei fondi pensione erano allocati per il 53,7% in obbligazioni e altri titoli di debito. Nell’insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana era di 40 miliardi di euro, il 22,7% del patrimonio. Fermo restando l’obiettivo primario di garantire la pensione integrativa, sarebbe importante stimolare gli investitori previdenziali a orientarsi verso investimenti nel sistema imprenditoriale italiano”.
fonte: Assinews