Si è svolta a Roma il 26 febbraio 2023 l’Audizione del Presidente della COVIP Mario Padula nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme integrative di previdenza presso la Commissione permanente Affari sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale del Senato .
Mario Padula, fra l’altro ha dichiarato che la situazione attuale della previdenza complementare alla fine del terzo trimestre 2022 le forme di previdenza complementare esistenti è composta di 341 forme pensionistiche: 33 fondi negoziali, 40 aperti, 72 piani individuali pensionistici (PIP) “nuovi”, 196 fondi preesistenti.
Il numero delle forme pensionistiche operanti nel sistema è andato progressivamente riducendosi per effetto di operazioni di concentrazione, soprattutto nel settore dei fondi preesistenti. Il fenomeno è da considerare con favore, in quanto consente di realizzare miglioramenti di efficienza ed economie di scala che possono tradursi in riduzioni dei costi e in una migliore qualità della gestione e dei servizi offerti agli iscritti.
Sulla base di stime ancora preliminari, nel terzo trimestre 2022 il totale degli iscritti alla previdenza complementare ha raggiunto circa i 9,1 milioni di individui. In percentuale delle forze di lavoro, il tasso di partecipazione è di circa il 36,3 per cento.
La crescita delle adesioni ai fondi negoziali si è ravvivata a partire dal 2015, quando ha preso forma il meccanismo delle cosiddette adesioni contrattuali, con il quale i lavoratori vengono automaticamente iscritti al proprio fondo di riferimento, per effetto delle previsioni dei contratti collettivi di lavoro che dispongono il versamento di uno specifico contributo a carico del solo datore di lavoro. Ciò, a prescindere dalla scelta del lavoratore medesimo di far confluire nel fondo anche il TFR e i contributi ordinari (a carico del datore di lavoro e dello stesso lavoratore).
Il meccanismo è stato dapprima introdotto nel settore dell’edilizia e ha determinato una rilevante crescita degli aderenti al fondo pensione di riferimento del settore; esso si è poi diffuso a numerosi altri fondi. Complessivamente, le adesioni di tipo contrattuale sono pari a circa un terzo di quelle totali ai fondi negoziali. Tuttavia, in gran parte dei casi all’adesione al fondo che ha così avuto luogo non è seguito alcun versamento contributivo ulteriore, per cui le posizioni degli iscritti sono rimaste modeste in termini di valore.
Ciò accade soprattutto nei fondi di riferimento di settori di attività nei quali le piccole e piccolissime aziende sono prevalenti e i rapporti di lavoro sono caratterizzati da scarsa stabilità. Più recentemente, ha contribuito alla crescita delle posizioni in essere anche l’attivazione nel settore del pubblico impiego dell’adesione attraverso il meccanismo del silenzio-assenso per i neo-assunti a partire dall’inizio del 2019. A seguito di tale attivazione, circa 70.000 dei nuovi assunti, pari a un terzo del totale, hanno effettivamente aderito al fondo pensione di settore.
Le risorse accumulate e l’allocazione degli investimenti.
Sulla base di stime preliminari, alla fine del terzo trimestre 2022 le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari sono pari a circa 202 miliardi di euro; esse si attestano a circa l‘11 per cento del PIL e al 4 per cento delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Rispetto alla fine del 2021, le risorse sono diminuite di circa 10 miliardi di euro per effetto delle perdite in conto capitale determinate dalle perturbazioni sui mercati finanziari seguite all’invasione russa dell’Ucraina.
I rendimenti e i costi. Come già menzionato, le perturbazioni che si sono determinate nell’economia mondiale e sui mercati finanziari a seguito della guerra d’invasione dell’Ucraina si sono riflesse anche sugli attivi fondi pensione, determinando, in particolare nei primi tre trimestri del 2022, perdite in conto capitale e rendimenti netti negativi. Tuttavia, facendo riferimento a orizzonti temporali di medio-lungo periodo, adeguati alla natura del risparmio 11 previdenziale, nonostante i cali degli ultimi mesi i rendimenti si sono mantenuti positivi.
Sul periodo di osservazione relativo al decennio 2012-2021 il rendimento netto medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, riferito alla media dei comparti di investimento, è stato del 4,1 per cento per i fondi negoziali e del 4,6 per i fondi aperti.
La rivalutazione del TFR nello stesso periodo è del 2,2 per cento. ( lo scossone potrebbe venire quando si avranno i dati precisi del 2022 – ndr).