Il progetto di riforma francese, presentato il 10 gennaio dal primo ministro Elisabeth Borne dopo diversi mesi di consultazioni con le parti sociali e le forze politiche, ha come obiettivo il risanamento finanziario del sistema che deve fare i conti con una serie di vecchie e ormai storiche norme e soprattutto con la demografia.
Ma i francesi non l’hanno resa bene e stanno protestando contro quest’ennesimo tentativo di impedire di diventare babypensionati.
La riforma propone di alzare l’età legale a 64 anni nel 2030 e di accelerare l’estensione della durata dei contributi a 43 anni dal 2027 (sempre un quarto in più all’anno). Ma nessuno dovrà lavorare più di 44 anni. «Questo progetto è universale perché riguarderà tutti», ha sottolineato il capo del governo: i dipendenti pubblici e gli agenti dei regimi speciali dovranno lavorare due anni in più. Anche se l’estinzione dei regimi speciali (FES, RATP) riguarderà per ora solo le future assunzioni. Ma il governo ha fatto anche concessioni, in particolare sulle carriere lunghe e penalizzanti, che permetteranno un’uscita anticipata.
Gli altri due paesi che si trovano ad affrontare nell’immediato i disavanzi economici per pensioni e welfare sono la Cina e gli Stati Uniti, ma in genere il problema riguarda un po’ tutti i paesi e le ricette sono pressocchè uniformi.
Le società che invecchiano devono affrontare la grande diminuzione di risorse finanziarie per la previdenza e la sanità.
Uno dei mezzi di risolvere il problema è l’aumento dell’età pensionabile, che in Italia da tempo è stabilita in 67 anni di età. Contrariamente a quanto di pensa la maggiore permanenza al lavoro non riduce le nuove assunzioni.
Secondo il Corriere della sera, nei Paesi dove gli anziani lavorano più a lungo (Giappone, Stati Uniti) hanno molta meno disoccupazione giovanile rispetto ai paradisi delle baby-pensioni. La spiegazione è semplice: la ricchezza nazionale non è una torta fissa da spartire tra generazioni, è un’entità dinamica, più c’è gente che lavora (anziani inclusi) più questo lavoro genera benessere che a sua volta crea altri posti di lavoro. La visione opposta fu anche all’origine di un disastro francese come la legge delle 36 ore settimanali, che trent’anni fa diminuì la competitività e non aumentò affatto l’occupazione.
Anche in Cina sono scoppiate proteste contro i tagli al Welfare dei pensionati, non con lo stesso fragore di quelle francesi, ma comunque è sintomatico.
Quindi perfino la Cina è scesa in piazza ( incredibile ma vero) contro i tagli alle prestazioni sanitarie per gli anziani, misure di austerity con cui si cerca di rallentare l’aumento del deficit pubblico.
La Cina ha un sistema sanitario misto, una parte delle cure vengono pagate dal paziente e poi rimborsate a carico dello Stato. Con dei limiti. Un pensionato di 66 anni fino a qualche tempo fa riceveva l’equivalente di 30 euro mensili dallo Stato per spese mediche. Di recente quell’aiuto è stato ridotto a 10€. Il fondo pubblico che gestisce la previdenza, sanità e disoccupazione è andato in deficit fin dal 2013.
Contrariamente a quello che si pensa, cioè ad un sistema di welfare tutto privato, anche negli USA c’è un sistema misto
Negli Stati Uniti una grossa parte del welfare americano è pubblica e grava sul bilancio. Nella sanità i due pilastri del sistema pubblico sono il Medicare che gestisce l’assistenza a chi ha più di 65 anni, e il Medicaid che provvede alle cure per chi sta sotto la soglia della povertà. Nelle pensioni esistono i fondi privati ma si affiancano alla Social Security, l’Inps americano. Il Medicare continua a veder lievitare la spesa per effetto dell’allungamento della longevità, e anche perché si fa carico di cure sempre più avanzate e costose. Il Medicaid ha un boom di spesa con molte cause, tra cui l’elevato livello a cui è fissata la soglia della povertà (22.000 dollari di reddito annuo per i single, 44.000 per un nucleo familiare). La Social Security in teoria dovrebbe essere in equilibrio perché si fonda su un principio puramente contributivo: la pensione si calcola in base ai contributi versati. Anche qui l’allungamento della vita media gioca mette in forse l’equilibrio di bilancio.
Il governo statunitense sta studiando una manovra da duemila miliardi in dieci anni per riportare sotto controllo il deficit nelle spese sociali e per addolcire la pillola si minaccia di aumentare le tasse ai ricchi.