I giovani italiani mostrano una certa attenzione nei confronti dei temi del risparmio ma, nel passaggio dalla teoria alla pratica, si scontrano con livelli di alfabetizzazione (purtroppo) non all’altezza delle loro ambizioni. Tutti gli sforzi per migliorarne la cultura finanziaria a tutt’oggi hanno prodotto pochi risultati.
Malgrado le difficoltà derivanti da un quadro geopolitico e finanziario più che mai complesso, gli italiani continuano a registrare una forte propensione al risparmio. Una “vocazione parsimoniosa” che contribuisce alla solidità del Paese anche in momenti di incertezza come quello attuale ma che, al contempo, è spesso (anche frettolosamente) considerata la spia di un certo ritardo culturale.
Risparmiatori eccellenti, gli italiani scontano infatti una cultura finanziaria e un’attitudine all’investimento non all’altezza delle risorse accumulate. Tanto che quello dell’alfabetizzazione finanziaria (e, per estensione, anche assicurativa e previdenziale) da avviare fin da giovanissimi, a cominciare dalle scuole, è un tema finito al centro dell’attenzione dei politici anche in occasione della discussione sul cosiddetto DDL Capitali. Risparmio e investimenti sono del resto fattori fondamentali a livello individuale e per lo sviluppo del Paese stesso, da cui l’importanza di formare cittadini attivi e consapevoli delle proprie scelte.
Posto dunque questo come obiettivo a tendere, quale al momento l’approccio dei giovani italiani alle diverse forme di risparmio e investimento?
La mancata consapevolezza del risparmio previdenziale
Dall’indagine del 2023 emergono alcune significative indicazioni di Acri-Ipsos dalla ricerca “Gli italiani e il risparmio”, si concentra sulle nuove generazioni. Indagine dalla quale emerge che, a fronte di un 72% di intervistati preoccupati per il proprio futuro economico dopo il pensionamento, solo il 20% dichiara di aver già sottoscritto forme di previdenza integrativa: al di sotto della media, proprio le adesioni nella fascia di rispondenti tra i 18-30 anni che, da una parte, vivono la pensione come un evento ancora molto lontano e dunque non particolarmente prioritario e, dall’altra, anche quando interessati o comunque informati sulla previdenza complementare, lamentano scarse risorse da dedicare a fondi pensione e affini. Scendendo maggiormente nel dettaglio dei valori percentuali, il 64% degli under 30 si mostra più propenso ad aderire non prima di 4-5 anni, in attesa di raggiungere maggiore stabilità lavorativa ed economica, ma non manca anche chi pone ancora più avanti la possibile asticella.
Come dimostrano anche gli stessi dati COVIP, che evidenziano coperture integrative in aumento ma non a sufficienza tra quelle categorie che, proprio come giovani e donne, ne avrebbero maggiormente bisogno, il quadro è insomma in chiaroscuro: con un terzo di giovani occupati che ha già approfondito il tema, si può infatti dire che l’interesse non manca ma, al contempo, tra le principali barriere all’adesione sono molteplici le ragioni che evidenziano una non adeguata comprensione delle logiche di funzionamento della previdenza, pubblica e integrativa, tout court. Non solo fino ai 44 anni la pensione non è vissuta come un’urgenza cui pensare (ecco perché, invece, sarebbe il caso di farlo da subito) ma una certa mancanza di fiducia e familiarità incide a propria volta sulla scelta di procrastinare la sottoscrizione.
fonte: Itinerari previdenziali