Come già fatto presente il Fondo Cometa, il fondo negoziale dei metalmeccanici, alla ricerca di mezzi per convogliare gli investimenti dei fondi in Italia e metterli al riparo di possibili default o più semplicemente per assicurare dei rendimenti che non vadano, presumibilmente, al di sotto della rivalutazione del Tfr.
La proposta prevede la costituzione di un “fondo di fondi, pubblico-privato, che raccolga risorse dai fondi pensione, con un vincolo di lungo periodo e con un meccanismo di protezione dei rendimenti, e investa direttamente in infrastrutture e piccole-medie aziende facendo leva sulle formule tradizionali della finanza alternativa, come private equity, private debt e venture capital.”
Secondo Realfonzo sarebbe “un modo pragmatico per superare le strozzature del mercato italiano, favorendo gli investimenti diretti dei fondi pensione nelle imprese e nelle infrastrutture italiane con una misura di politica economica che introduca uno strumento a protezione dei capitali investiti e non concorra a formare nuovo debito pubblico, rispettando la normativa europea in materia di aiuti di Stato.”
Questa proposta si inserisce nel filone più ampio della vecchia necessità di favorire investimenti “domestici”, cioè in Italia che fino ad ora hanno preso la via dei mercati esteri.
La motivazione è banalissima, ma gli sforzi per invertire la tendenza non vanno frustrati.
I fondi investono, secondo norme del Mef e tenendo presente i fattori ESG, dove maggiore è la remunerazione per le future rendite degli associati.
Ora è notorio che solo una minima parte delle aziende italiane sono quotate in borsa mentre la stragrande maggioranza è costituite dalle piccole e medie aziende spesso a litigiose conduzioni familiari.
Il voler costituire dei fondi per mettere al riparo delle possibili perdite, come è successo nel 2022, va contro un principio fondamentale della previdenza complementare, cioè che essa non debba gravare sulla finanza pubblica ma autoreggersi. Il fondo dei fondi nel caso potrebbe essere un modo surrettizio per creare debito pubblico non rilevabile dalla UE ma che graverebbe sulle tasche di tutti i contribuenti, iscritti o non iscritti.