Davide Serra, CEO di Algebris attacca i fondi pensione negoziali con l’ennesima proposta di utilizzo dei patrimoni di questi. In un’intervista rilasciata a Class-Cnbc, un canale televisivo che trasmette notizie economiche, ha manifestato un suo forte disappunto nei confronti di fondi pensione e casse previdenziali. A suo avviso, non saprebbero investire. I board ( i Consigli d’Amministrazione ndr) sono pieni di avvocati, ha spiegato, che non possono conoscere l’economia e i mercati come gli economisti. E meno male che non ci ha messo anche di sindacalisti. Pochi ricordano ormai la polemica, quando uscì il dlsvo 252/2005 sulla previdenza complementare, sullo sfracello che si sarebbe consumato per l’immissione nei board di esponenti sindacali. Al coro, se non sbaglio si unì anche l’allora governance della Banca d’Italia. Invece niente di questo si è verificato e a distanza di oltre 20 anni prudentemente e fattivamente la previdenza complementare cresce. Meno del dovuto o ipotizzato? certamente, ma tutti dimenticano dell’esistenza del Tfr che nei paesi citati come modello, Danimarca, Australia, Usa e UK, non posseggono.
Ma i fondi comunque ora hanno appetibili patrimoni e giustamente si vorrebbero dirottare in investimenti italiani. Giusto e lecito. Ma i fondi pensione, specie negoziali non fanno speculazioni finanziarie, ma investimenti previdenziali. Per accedere ad essi da anni si discute di investire con la Cassa Depositi e prestiti ed ora arriva la nuova proposta che tanto nuova non è. Egli suggerisce che i fondi pensione dovrebbero investire per legge una quota del loro patrimonio in Italia. La critica principale è la scarsa fiducia degli italiani nel proprio Paese, con meno del 2% dei risparmi investiti in Italia. Serra propone misure forti per obbligare gli investimenti dei fondi pensione nelle imprese italiane, simili a quelle adottate in altri Paesi europei come Francia, Germania e Svezia.