La legge di bilancio del 2023 stabilì il blocco della rivalutazione delle pensioni, che fece nascere molti malumori perché nata come misura eccezionale per contenere il disavanzo pubblico poi è diventata una prassi pressocchè costante.
Molti non si sono limitati a mugugnare ma hanno preso penna e carta bollata ed hanno presentato ricorso, così la questione è finalmente approdata alla Corte costituzionale. Infatti la Corte dei conti della Toscana, in composizione monocratica, cioè composta da un solo giudice, come riporta il Corriere della Sera del giorno 8 settembre 2024, chiamata a decidere sul ricorso, ha sollevato un’eccezione di costituzionalità.
Il giudice chiede di verificare la legittimità costituzionale dell’articolo della legge di «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 », con riferimento agli articoli 3, 23, 36 e 38 della Costituzione.
Il ricorrente, titolare di un trattamento pensionistico «pari a 5.708,11 lordi mensili, quindi superiore a dieci volte il minimo Inps», subiva «gli effetti negativi dei limiti alla perequazione automatica previsti dalla legge di bilancio 2023».
La Corte dei conti toscana nell’ordinanza afferma che : «La penalizzazione dei titolari di trattamenti pensionistici più elevati lede non solo l’aspettativa economica ma anche la stessa dignità del lavoratore in quiescenza» in «tale prospettiva la pensione più alta alla media non risulta considerata dal legislatore come il meritato riconoscimento per il maggiore impegno e capacità dimostrati durante la vita economicamente attiva, ma alla stregua di un mero privilegio, sacrificabile anche in un’asserita ottica dell’equità intergenerazionale»
Con la Manovra 2023 il governo ha rivisto il meccanismo di indicizzazione delle pensioni, tagliando la rivalutazione per gli importi più alti. L’aumento rimaneva del 7,3% per le pensioni fino a 4 volte il minimo. Cala, invece, per le pensioni oltre quella soglia: 6,2% per gli assegni fino a 5 volte il minimo (pari a circa 1.600 euro netti), 3,8% tra 5 e 6 volte il minimo.
Ora si aspetta la pronuncia della suprema Corte.
Ecco gli articoli costituzionali citati:
Articolo 3
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Articolo 23
Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.
Articolo 36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
Articolo 38
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L’assistenza privata è libera.