Le “riserve” degli italiani sono arrivate, a settembre 2020, a quota 1.904 miliardi di euro – ben oltre il valore del pil – in aumento di quasi 122 miliardi su base annua (+7%) e di 71 miliardi (+4%) rispetto a febbraio scorso, all’inizio della pandemia. Più di 1.000 miliardi nei salvadanai dei cittadini, quasi 365 miliardi in quelli delle imprese. Il segretario generale Lauro: «È crollata la fiducia e la colpa non è solo dell’emergenza sanitaria, ma anche del governo Conte che è in uno stato confusionale e non è in grado di assicurare certezze al nostro Paese. Di qui la paura di spendere e di fare investimenti, cioè di guardare al futuro con una prospettiva positiva che, nonostante la drammatica situazione, andrebbe comunque sostenuta e rafforzata»
Boom di denaro “dimenticato” in banca a causa del lockdown per il Covid: negli ultimi mesi è cresciuta, avvicinandosi a quota 2.000 miliardi di euro, cifra assai più alta rispetto al valore del prodotto interno lordo, la liquidità dalle famiglie e dalle aziende del nostro Paese. Le “riserve” degli italiani sono arrivate, a settembre 2020, a 1.904 miliardi di euro, in aumento di quasi 122 miliardi su base annua (+7%) e di 71 miliardi (+4%) rispetto a febbraio scorso, inizio della pandemia. Sui conti correnti ci sono 1.279 miliardi, in aumento di 92 miliardi (+8%) in sette mesi. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa secondo cui nei “salvadanai” delle famiglie ci sono più di 1.000 miliardi, mentre in quelli delle aziende risultano quasi 365 miliardi; atri 314 miliardi sono riconducibili ai fondi d’investimento, 74 miliardi alle imprese familiari, 31 miliardi alle onlus, quasi 20 miliardi agli enti di previdenza, 13 miliardi alle assicurazioni e 6 miliardi ai fondi pensione. «È crollata la fiducia e la colpa non è solo dell’emergenza sanitaria, ma anche del governo Conte che è in stato confusionale e non è in grado di assicurare certezze al nostro Paese. Di qui la paura di spendere e di fare investimenti, cioè di guardare al futuro con una prospettiva positiva che, nonostante la drammatica situazione, andrebbe comunque sostenuta e rafforzata» commenta il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro.
L’impennata delle riserve ha un impatto diretto sui consumi dei cittadini e frena gli investimenti degli imprenditori, con consequenziali effetti sulla congiuntura economica. Le famiglie hanno accumulato, in questi sette mesi, oltre 28 miliardi di euro (+2,72%), nello stesso arco temporale la liquidità delle aziende è salita di 62 miliardi (+20,80%). In totale, si tratta di oltre 90 miliardi di euro, che sono stati sottratti al circuito economico e che, invece, sarebbero stati importanti per favorire la ripresa.
Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, da settembre 2019 a settembre 2020, la liquidità degli italiani è passata da 1.782,8 miliardi a 1.904,8 miliardi, in crescita di 121,9 miliardi (+6,84%); a febbraio 2020 era a quota 1.833,1 miliardi e, su sette mesi, l’aumento è stato pari a 71,7 miliardi (+3,91%). Nei “salvadanai” delle famiglie c’erano 1.032,3 miliardi a settembre 2019, 1.050,6 miliardi a febbraio 2020 e 1.079,2 miliardi a settembre scorso: su base annua la crescita è stata pari a 46,8 miliardi (+4,54%), nell’arco di sette mesi si è registrato un aumento di 28,5 miliardi (2,72%). Le riserve delle aziende erano pari a 294,1 miliardi a settembre 2019, a 302,1 miliardi a febbraio 2020 e a 364 miliardi a settembre scorso: in un anno l’aumento è stato di 70,7 miliardi (+24,05%), quasi tutti accumulati (62,8 miliardi, con un più 20.80%) da febbraio a settembre 2020. I fondi d’investimento hanno ridotto, invece, nell’ultimo anno, la liquidità: calo di 7,9 miliardi in un anno (-2,46%) e di 29,5 miliardi in sette mesi (-8,58%), dai 322,3 miliardi di settembre 2019 ai 343,9 miliardi di febbraio 2020 ai 314,4 miliardi di settembre 2020. I risparmi delle imprese familiari sono passati dai 64,2 miliardi di settembre 2019 ai 65,8 miliardi di febbraio 2020 ai 74,3 miliardi di settembre scorso: l’aumento di 10,1 miliardi registrato un anno (+15,78%) è legato principalmente agli 8,5 miliardi in più accumulati in sette mesi (+12,98%).
Quanto all’analisi per strumento, sui conti correnti c’erano 1.163,6 miliardi a settembre 2019, 1.187,5 miliardi a febbraio 2020 e 1.279,9 miliardi a settembre scorso: più 116,2 miliardi su base annua (+9,99%), più 92,3 miliardi in sette mesi (+7,78%). Nei depositi vincolati, il “saldo” totale era di 198,2 miliardi a settembre 2019, di 213,9 miliardi a febbraio 2020 e di 213,4 miliardi: più 15,2 miliardi in un anno (+7,71%) e meno 426 milioni in sette mesi (-0,20%). I depositi rimborsabili hanno registrato un saldo di 305,9 miliardi a settembre 2019, di 308,6 miliardi a febbraio 2020 e di 321,5 miliardi a settembre scorso: l’aumento su 12 mesi è stato di 6,5 miliardi in un anno (+2,16%) e di 3,8 miliardi in sette mesi (+1,25%). L’ammontare in pronti contro termini è passato dai 115,1 miliardi di settembre 2019 ai 122,9 miliardi di febbraio scorso ai 98,8 miliardi di settembre scorso: su base annua c’è stato un calo di 16,1 miliardi (-14,03%), in sette mesi di 24,1 miliardi (-19,57%). Per le onlus, la variazione è stata di 1,5 miliardi in più in un anno (+5,26%) e di 1,9 miliardi in più in sette mesi (+6,44%): da 30,1 miliardi (settembre 2019) a 29,7 miliardi (febbraio 2020) a 31,6 miliardi (settembre 2020). Variazione negativa per gli enti di previdenza: meno 818 milioni in un anno (-3,96%) e meno 368 milioni in sette mesi (-1,82%). Per le assicurazioni, si è passati dai 12,8 miliardi di settembre 2019 ai 14,3 miliardi di febbraio 2020 ai 13,8 miliardi di settembre 2020: più 999 milioni in un anno (+7,76%) e meno 523 milioni in sette mesi (-3,63%). Lieve aumento per la liquidità dei fondi pensione: 407 milioni in più in un anno (+6,65%) e 260 milioni in più in sette mesi (+4,15%), dai 6,1 miliardi di settembre 2019 ai 6,2 miliardi di febbraio 2020 ai 6,5 miliardi di settembre scorso.
fonte: Unimpresa.it