La qualificazione giuridica dei versamenti effettuati ai fondi di previdenza complementare: è retributiva o previdenziale?
La giurisprudenza e la legge non hanno ancora chiarito la natura dei versamenti che si fanno alla previdenza complementare, se cioè hanno natura previdenziale o retributiva e a chi fanno in capo. Sembra la solita questione di lana caprina, ma non è così, perché se è una cosa o l’altra, discendono diversi effetti concreti.
Vediamo un caso che è finito alla Corte di Cassazione che forse farà finalmente chiarezza di questa intricata ed annosa questione.
Con ordinanza interlocutoria n. 22066, pubblicata il 31 luglio 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Quarta Civile – ha rimesso alle Sezioni Unite la questione di precisare la qualificazione giuridica dei versamenti effettuati alla previdenza complementare se sia di natura retributiva o previdenziale perché da essa discende la possibilità o meno di riconoscere il privilegio previsto dall’art. 2751-bis, n. 1, c.c. ai crediti derivanti dal mancato versamento da parte del datore di lavoro dei contributi dovuti a un fondo di previdenza complementare.
Una società dichiarata fallita non aveva effettuato il versamento di una suo dipendente ad un fondo di previdenza complementare cui era iscritto e l’interessato aveva fatto ricorso chiedendo il versamento dei contributi come credito privilegiato.
Il Tribunale adito ha rigettato la. A fondamento del rigetto, il giudice ha argomentato che il credito dedotto in giudizio ha natura chirografaria e non è assistito da alcun privilegio. Non spetta il privilegio dell’art. 2754 cod. civ., in quanto le somme sono dovute in base alla contrattazione collettiva e non ex lege.
Non spetta neppure il privilegio dell’art. 2751-bis, n. 1, cod. civ.: il credito, difatti, trae origine da un rapporto contrattuale diverso da quello di lavoro subordinato, senza essere legato a quest’ultimo da alcun nesso di corrispettività, come dimostra anche il fatto che gl’importi in questione non concorrono a determinare la base di calcolo del trattamento di fine rapporto.
Controricorso con cui si denuncia violazione delle numerose norme dell’ordinamento e della contrattazione collettiva e lamenta che il Tribunale erroneamente abbia negato il privilegio per i crediti derivanti dal mancato pagamento delle somme dovute dal datore di lavoro al Fondo perché si attribuisce natura retributiva alle somme prelevate dallo stipendio del lavoratore ad opera del datore di lavoro. Anche il contributo dell’impresa presenterebbe eguale natura.
La disputa verte sulla qualificazione retributiva del contributo complessivamente dovuto al Fondo di previdenza complementare e sulla conseguente spettanza del privilegio.
La Cassazione nel 2015 ha affermato la natura previdenziale, e non retributiva, dei versamenti del datore di lavoro nei fondi di previdenza complementare perché la nozione di retribuzione postula un requisito indefettibile, costituito dall’esistenza che le somme erogate si trovino in nesso di corrispettività con la prestazione lavorativa.
Questo unitamente ad altri motivi e sentenze hanno fatto si che la Corte richiede un’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

