L’Istat ha certificato l’aumento della speranza di vita per cui secondo legge dal 2027 invece che a 67 anni si dovrebbe andare in pensione di vecchiaia 3 mesi dopo, a 67 anni e 3 mesi. Inevitabile la bagarre su questo elemento.
A certificare l’aumento della vita media è l’Istat che ha stabilito: nel ’24 la speranza di vita media di un sessantacinquenne è salita a 21,6 anni, il valore più alto dal 2019 e l’età pensionabile dal 2027 scatterebbe a 67 anni e 3 mesi. Subito si sono levate molte voci contro questo aumento.
la rinuncia all’adeguamento però comporterebbe un costo aggiuntivo di circa 3 miliardi di euro l’anno a regime. Salvo solo chi ha già 64 anni
Perché c’è adeguamento
La legge Dini 335/1995 introdusse l’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale. Il periodo di aggiornamento fu inizialmente fissato a 10 anni, poi ridotto a 3 anni (dal 2010) e infine a 2 anni (dal 2017), suscitando critiche per la sua rigidità e impatto sociale.
La legge Dini che riformò profondamente il sistema pensionistico italiano introdusse il principio contributivo e l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita.
Si ricorda en passant che questa fu l’unica legge sottoposta a referendum sindacale ed approvato dai lavoratori.
Le motivazioni principali legate all’adeguamento dell’età pensionabile erano:
- Sostenibilità finanziaria: con l’aumento della speranza di vita, lo Stato avrebbe dovuto erogare pensioni per un periodo più lungo, aumentando la spesa previdenziale.
- Equità intergenerazionale: evitare che le generazioni future pagassero il costo di pensioni troppo generose per quelle precedenti.
- Stabilizzazione del rapporto tra spesa pensionistica e PIL, come richiesto dalle regole europee di bilancio.
La legge Dini però prevedeva un adeguamento su base decennale, ma le crisi economiche successive costrinsero i vari governi a ridurre sensibilmente questo periodo passando da 10 anni ai due attuali.
Evoluzione del meccanismo di adeguamento
| Periodo | Frequenza adeguamento | Provvedimento | Note |
| 1995–2010 | Ogni 10 anni | Legge Dini 335/1995 | Previsione iniziale |
| Dal 2010 | Ogni 3 anni | DL 78/2010 convertito in L. 122/2010 | Primo adeguamento nel 2013 (+3 mesi) |
| Dal 2017 | Ogni 2 anni | Riforma Fornero (L. 214/2011, art. 24) | Adeguamenti biennali: 2019 (+5 mesi), 2021–2022 (nulla), 2023–2024 (nulla), 2025–2026 (nulla) |
La Legge Fornero (L. 214/2011) oltre a rendere l’adeguamento biennale, lo estese a tutte le pensioni pubbliche, inclusa quella anticipata.
Poi i Decreti attuativi INPS: fissarono gli incrementi effettivi (es. +3 mesi nel 2013, +4 mesi nel 2016, +5 mesi nel 2019).
La riduzione del periodo di adeguamento non era flessibile perché non considerava le differenze tra categorie (es. lavori gravosi o usuranti) inoltre l’aumento dell’età pensionabile penalizzava chi aveva iniziato a lavorare presto o in condizioni difficili.
La richiesta di congelare l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni e 3 mesi dal 2027 è al centro di un acceso dibattito politico, sociale ed economico. Il costo stimato per lo Stato è di circa 3 miliardi di euro l’anno, e il Governo sta valutando soluzioni parziali per contenere l’impatto.
Naturalmente anche qui ci sono dei pro e contro del congelamento:
PRO – Argomenti a favore del congelamento
- Tutela dei lavoratori anziani e fragili
Molti lavoratori, soprattutto in settori gravosi o precari, faticano a restare attivi fino a 67 anni e oltre. Il congelamento eviterebbe ulteriori penalizzazioni. - Equità sociale
L’adeguamento automatico non tiene conto delle differenze di aspettativa di vita tra classi sociali, territori e professioni. Chi ha avuto carriere discontinue o ha iniziato a lavorare presto è svantaggiato. - Stabilità e prevedibilità
Cambiamenti troppo frequenti generano incertezza nei piani di vita e pensionamento. Il congelamento offrirebbe una pausa per rivedere il sistema. - Consenso politico e sociale
Il tema è molto sentito dall’elettorato. Alcuni partiti lo usano come bandiera per riformare la legge Fornero e ottenere consenso.
CONTRO – Argomenti contro il congelamento
- Costo elevato e insostenibile
Secondo la Ragioneria dello Stato, il blocco costerebbe 3 miliardi di euro l’anno. Una cifra difficile da reperire senza tagli o nuove tasse. - Rischio per la sostenibilità del sistema previdenziale
Rinunciare all’adeguamento significa ignorare l’aumento della speranza di vita, mettendo a rischio l’equilibrio tra contributi versati e pensioni erogate. - Effetto regressivo
Il congelamento generalizzato favorirebbe anche chi non ne ha bisogno, come lavoratori con carriere lunghe e stabili, aumentando le disuguaglianze. - Contraddizione con gli impegni europei
L’Italia ha vincoli di bilancio e sostenibilità imposti dall’UE. Un intervento così oneroso potrebbe compromettere la credibilità finanziaria.
Ipotesi di compromesso
Pertanto sta valutando un congelamento selettivo, valido solo per chi avrà già compiuto 64 anni nel 2027, riducendo il costo a circa 300 milioni di euro l’anno. Ma a regime sono sempre 900 milioni annui. Per cui si dovrebbe mantenere l’aumento individuato dall’Istat con la contestuale previsione di un congelamento di alcune determinate limitate categorie e ripensare alla diversità di età di pensionamento di genere.
Non dimentichiamo che prima della riforma Dini le donne tutte andavano in pensione a 60 anni e gli uomini a 65, perché comunque a carico delle prime c’è sempre un lavoro di cura familiare non retribuito.

