Roma 7 marzo 2017 – Si è tenuto presso la Sala Luciano Lama in Via Leopoldo Serra un seminario sul welfare contrattuale del pubblico impiego, una giornata di approfondimento pressocché obbligata data la situazione generale del paese e dalla svolta impressa dalle contingenze economiche, ma non solo quelle, sulla strada da percorrere per il futuro welfare state e dall’Accordo governo sindacati sui rinnovi dei contratti del P.I. del 30 novembre 2016 che lo prevede espressamente.
Aperto da una relazione della segretaria nazionale FpCgil Maria Concetta Basile, il seminario è proseguito con un intervento specifico del prof. Stefano Neri del Dipartimento di Scienze  Sociali e Politiche dell’Università degli  Studi di Milano che ha partecipato, fra l’altro, al progetto di ricerca Ires – Istituto di Ricerche Economiche e Sociali, Roma,  sulle nuove forme di welfare aziendale, inclusi i fondi sanitari integrativi (coordinatori Prof. Ugo Ascoli e Prof. Emmanuele Pavolini),  nonchè alla VI Conferenza ESPAnet Italia, “Italia, Europa: integrazione sociale e politica, sullo sviluppo del” welfare contrattuale in Italia fra relazioni industriali e riforma del sistema di welfare”.
Nel corso dei lavori è intervenuta anche la Segretaria Generale  della Funzione Pubblica Cgil, Serena Sorrentino.
E’ indubbio che a partire dagli anni 90 il concetto di Welfare così come lo abbiamo concepito dalla seconda guerra mondiale in poi ha cominciato a subire profondi cambiamenti.
Si sviluppò in quegli anni la consapevolezza che la leva salariale per quanto importantissima non era l’unica via sulla quale operare per avere una tutela piena dei diritti e che della libertà del bisogno economico.
Fino a quel momento il welfare pubblico era indiscutibilmente universale e non  aveva ancora subito quei colpi dovuti a squilibri della finanza pubblica. Allora  il concetto delle tutele universali ed incondizionate subirono modificazione prima che ancora di carattere economico, di carattere concettuale con l’introduzione dell’idea che lo Stato potesse anche parzialmente ritirarsi da questo diritto-dovere. Dalla tutela globale si passava al concetto di integrazione mediante concessione unilaterale o addirittura mediante contrattualizzazione aziendale. L’idea della contrattazione del benessere  non è stata di facile interiorizzazione  e accettazione e neppure  indolore, come non è ancora del tutto indolore e pacifica  la contrattualizzazione del welfare aziendale.
Il sospetto forte, non ancora fugato è che il Welfare integrativo sia solo  il primo passo di un welfare  sostitutivo che ha come approdo finale l’abrogazione di ogni  tutela universalistica per porla esclusivamente in capo ai soggetti interessati.

Franco Martini della Cgil Confederale che ha chiuso i lavori seminariali, nel numero 1/2016 della Rivista delle Politiche Sociali, nota che secondo l’ ISTAT, le  imprese  che hanno svolto la contrattazione di secondo livello sono solo il 19,3% quindi poco più di un quinto delle aziende complessive e che solo il 50% di queste avrebbe sottoscritto accordi aziendali mentre il restante avrebbe sottoscritto accordi perlopiù territoriali.  Inoltre  le politiche fiscali in atto per lo meno a partire dalla legge di stabilità 2015, e quella di bilancio 2017 tendono ad assicurare sgravi fiscali al livello proprio aziendale, con una ulteriore divaricazione degli  squilibri già esistenti fra settori forti ed i settori più deboli.  Se invece l’attenzione si spostasse come sembra alla contrattazione su base territoriale verrebbero discriminate potenzialmente i lavoratori  del sud mentre i pensionati e i non autosufficienti non avrebbero più garantiti di fatto quei livelli minimi assistenziali perché privi di una copertura sanitaria integrativa. Paradossalmente sembra essere catapultati nel sistema degli Usa dove senza assicurazione sanitaria, cui l’Obamacare ha cercato di porvi qualche rimedio,  non si ha nessuna prestazione.
Diciamo che la discussione è stata necessitata anche dall’accordo con il governo per l’avvio del rinnovo contrattuale contiene alla lettera f un punto specifico sul welfare
La prima rivendicazione è l’ovvia equiparazione dei benefici fiscali sui premi di produttività fra i lavoratori pubblici e privati che destinano parte delle risorse al welfare contrattuale e definire in maniera chiara la cornice in cui questo welfare deve essere ristretto per evitare il disperdersi in mille rivoli le fattispecie, come i buoni benzina o i buoni per il supermercato. Circa i  fondi sanitari contrattuali regionali. per loro natura, si tratterebbero di fondi intercategoriali (e questo è positivo, ma alternativi ai fondi nazionali (salvo doppia contribuzione da parte delle aziende o dei lavoratori). Ciò determinerebbe un problema di sostenibilità dei fondi nazionali.A tutt’oggi i pubblici dipendenti hanno un loro welfare aziendale, i cosiddetti benefici sociali finanziati attraverso un prelievo dello 0.35% della retribuzione ( Fondo Credito e Benefici sociali ex Inpdap).
Consiste in:
– credito agevolato, dal piccolo prestito al mutuo per la casa
– corsi di aggiornamento professionale per i dipendenti della pubblica amministrazione;
– assegni di frequenza per figli e orfani di iscritti alla Gestione magistrale (ex Enam);
– borse di studio per la frequenza della scuola media – inferiore e superiore – dell´università e di corsi post-universitari;
– contributi formativi per figli e orfani di iscritti alla Gestione magistrale (ex Enam);
– posti in convitto di proprietà dell’Istituto o in collegi convenzionati agli alunni delle scuole di ogni ordine e grado e agli studenti universitari;
– master e dottorati di ricerca, per promuovere l´alta formazione e facilitare l´inserimento dei giovani nel mondo del lavoro;
– ospitalità presso le Nonno House per sostenere gli studenti fuorisede;
– soggiorni estivi in Italia e all’estero per approfondire la conoscenza di lingue straniere;
– studio in un Paese all’estero per offrire a studenti della scuola secondaria di secondo grado un percorso di mobilità internazionale, di crescita umana, sociale e culturale, attraverso il Programma Itaca.
– Case Albergo per gli anziani

– Progetti pilota di Assistenza domiciliare
 Accanto a questi benefici esistono una molteplicità di forme di welfare aziendali come ad  esempio il fondo previdenziale e sanitario delle Entrate, il Fondo integrativo sanitario degli enti pubblici non economici, come l’Asdep, l’Ipa del Comune di Roma  ecc..
Nel corso del dibattito è emerso la necessità che il welfare contrattuale debba essere finanziato da risorse aggiuntive rispetto agli 85€ medie pro capite impegnate per i rinnovi contrattuali. Inoltre  non sono mancati approfondimenti anche sul primo pezzo di welfare integrativo già esistente: la previdenza complementare e sulle resistenze all’adesione al Fondo Perseo Sirio.
Nel suo approfondito e seguito intervento, la segretaria generale della Funzione Pubblica Cgil, Serena

Serena Sorrentino, Segretaria Generale FpCgil

Serena Sorrentino, Segretaria Generale FpCgil

Sorrentino, dopo aver delineato il quadro generale in cui questo welfare dovrà inserirsi, accettata senza subirla la logica contrattuale, ha insistito sulla inderogabilità di una coerente  perimetrazione, mettendo paletti chiari, tracciare dei confini intangibili che non si possono scavalcare, e quindi definendo bene cos’è welfare e cosa sono i benefit.
Per esempio non si può prescindere dall’idea che  Welfare Contrattuale debba essere realmente integrativo del welfare universale, non una scorciatoia per approdi diversi, quindi, non si può  discuterne senza avere in campo una forte iniziativa la difesa del welfare pubblico.
E per non smarrire l’obiettivo dell’inclusione questo welfare deve essere orizzontale e verticale, cioè categoriale e territoriale dirottando per quanto possibile sul sistema sanitario pubblico quote di risorse dei fondi contrattuali integrativi, definendo delle  linee di coerenza tra i fondi e i LEA, per contenere la spinta dei fondi ad offrire prestazioni totalmente sostitutive.

Circa il maggior appeal dei fondi sanitari rispetto alla previdenza complementare ciò è logico, perché i lavoratori hanno esigenza immediata di cura e non sempre possono farvi fronte con l’out of pocket, di tasca propria, mentre la previdenza complementare riguarda scadenze lontane, riguarda il futuro e quando il futuro non si prospetta benevolo, anche questa scelta necessaria viene rifiutata. Ma anche su questo punto si interverrà con iniziative specifiche per l’aumento delle adesioni, perché bisogna stare bene subito, adesso ed anche in vecchiaia.