Covip: relazione per il 2016

La presentazione della Relazione Annuale è l’occasione per fornire il quadro dell’evoluzione dei settori in cui la COVIP esercita il proprio mandato istituzionale.
L’affermazione di modelli pensionistici imperniati sul principio della contribuzione definita e  l’allungamento della vita media ha reso necessario l’innalzamento dell’età di uscita dalla vita lavorativa. In molte delle economie interessate dalla transizione demografica, sistemi pensionistici a due o tre pilastri sono apparsi la risposta ottimale alla domanda di contemperare l’esigenza di sostenibilità con quella di flessibilità e di adeguatezza delle prestazioni. A fronte di questi profondi cambiamenti, i bisogni di protezione sociale sono immutati e, semmai, ampliati. In questo contesto, il ruolo del sistema dei controlli assume una connotazione del tutto speciale, proprio per la grande rilevanza sociale degli interessi costituzionalmente protetti. A caratterizzare ulteriormente la vigilanza sul risparmio previdenziale contribuisce poi il progressivo affermarsi di un modello pensionistico fondato su princìpi diversi da quello dei benefici definiti. Nel mondo dei benefici definiti, gli erogatori di prestazioni pensionistiche si impegnano ad erogare trattamenti che sono determinati all’inizio della vita lavorativa. In questo contesto, il sistema dei controlli è incentrato sull’obiettivo di accertare che chi eroga prestazioni pensionistiche sia in grado di fare fronte agli impegni presi, verificandone in primo luogo la stabilità finanziaria. Nella diversa ottica della contribuzione definita, il sistema dei controlli deve centrarsi, oltre che sulla stabilità finanziaria, anche sul tema dell’adeguatezza dei benefici pensionistici rispetto ai bisogni previdenziali. In questa ottica, particolare rilevanza assumono i profili di governance e di risk management dei fondi, di trasparenza nella comunicazione con i percettori di prestazioni pensionistiche e, più in generale, il profilo dei costi che intervengono nella fase di accumulo e di erogazione delle prestazioni e che hanno un effetto di primo ordine sulle posizioni accumulate e in ultima analisi sulle prestazioni stesse.
Alla fine del 2016, il totale degli iscritti alla previdenza complementare è pari a circa 7,8 milioni, in crescita del 7,6 per cento rispetto all’anno precedente.
Gli iscritti ai PIP “nuovi” risultano quasi 2,9 milioni, 2,6 milioni quelli ai fondi negoziali, 1,3 milioni quelli ai fondi aperti.
Con riferimento alla distribuzione degli iscritti per genere, per classe di età e per area geografica, non si evidenziano significative variazioni rispetto all’anno precedente. Il tasso di adesione permane sensibilmente più basso tra le donne, tra i giovani, nel Sud e nelle Isole.
A fine 2016, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari ammontano a 151,3 miliardi di euro, in aumento del 7,8 per cento rispetto all’anno precedente. Esse rappresentano il 9 per cento del PIL e il 3,6 per cento delle attività finanziarie delle famiglie italiane.
Quasi il 40 per cento di tali risorse è di pertinenza delle forme pensionistiche preesistenti, il 30 per cento dei fondi negoziali, il 20 per cento dei PIP e la quota restante dei fondi aperti.
I contributi raccolti nell’anno ammontano a 14,2 miliardi di euro; quasi i tre quarti confluiscono nelle forme previdenziali di nuova istituzione. Quelli destinati ai fondi aperti e ai PIP sono cresciuti dell’11 per cento. Minore è invece l’incremento nei fondi negoziali, pari al 3,4 per cento.
Le uscite nell’anno per la gestione previdenziale, sostanzialmente analoghe a quelle del precedente anno, ammontano a 6,9 miliardi di euro. Le prestazioni pensionistiche sono state erogate in capitale per 2 miliardi e in rendita per circa 700 milioni di euro. I riscatti sono pari a 1,6 miliardi di euro.
Le anticipazioni, che si sono attestate a 2 miliardi di euro, sono rimaste sostanzialmente ai livelli elevati raggiunti lo scorso anno. La gran parte delle anticipazioni rientra nella fattispecie non connessa a cause specifiche (a spese sanitarie o all’acquisto della prima casa) che può essere richiesta dopo otto anni di iscrizione alla previdenza complementare.
L’allocazione degli investimenti
L’allocazione degli investimenti effettuati dai fondi pensione (esclusi, quindi, le riserve matematiche presso imprese di assicurazione e i fondi interni) è rimasta sostanzialmente stabile rispetto allo scorso anno. Prevalgono gli investimenti in titoli di debito (61 per cento), per i tre quarti costituiti da titoli di Stato. E’ pari al 16,3 per cento la quota dei titoli di capitale, al 13,5 per cento quella degli OICR e al 6,4 per cento quella in depositi. Gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, presenti quasi esclusivamente nei fondi preesistenti, rappresentano il 3,3 per cento del patrimonio.
Anche guardando agli investimenti nell’economia italiana, non si rilevano variazioni significative. L’investimento in attività domestiche ammonta a circa 35 miliardi di euro (29,5 per cento); la quota più consistente continua ad essere rappresentata dai titoli di Stato, pari a 31,1 miliardi di euro.
Gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane rimangono residuali: 3,4 miliardi di euro (3 per cento), di cui 2,3 miliardi relativi a obbligazioni e 1,1 miliardi ad azioni. Rimane concentrata in Italia la quasi totalità degli investimenti immobiliari.
Nel 2016 i rendimenti, al netto dei costi e della fiscalità, sono stati in media positivi per tutte le tipologie di forma pensionistica e di comparto, beneficiando dell’andamento positivo dei corsi dei titoli azionari e obbligazionari nei principali mercati mondiali.
I fondi pensione negoziali e i fondi aperti hanno reso in media rispettivamente il 2,7 e il 2,2 per cento. Per i PIP “nuovi” di ramo III, il rendimento medio è stato del 3,6 per cento; le gestioni separate di ramo I hanno reso il 2,1 per cento. Nello stesso periodo il TFR si è rivalutato, al netto delle tasse, dell’1,5 per cento.
L’attuale assetto dei controlli sugli enti previdenziali privati di base è coerente con la natura obbligatoria del risparmio previdenziale che gestiscono. In tale contesto, la COVIP, quale Autorità tecnica già preordinata alla vigilanza del risparmio previdenziale privato, è chiamata a vigilare anche sulla gestione delle risorse finanziarie delle casse professionali, in raccordo con i Ministeri del lavoro e dell’economia, deputati ad assicurarne anche la complessiva stabilità.
Pur in assenza del regolamento, previsto dal Decreto legge 98/2011, che avrebbe dovuto introdurre la disciplina sugli investimenti delle risorse finanziare, sui conflitti di interesse e sulla banca depositaria, la COVIP ha comunque svolto la propria funzione di vigilanza. In sostanza una triplicazione dei controlli, perdita di tempo e danaro come se una istituzione non si fidasse dell’altra.
Il ruolo dei fondi pensione e delle casse professionali nel finanziamento dell’economia italiana
I fondi pensione e le casse professionali, quali investitori istituzionali, possono svolgere un ruolo di assoluta rilevanza nel finanziamento dell’economia, disponendo, per proprie caratteristiche peculiari, di ingenti risorse utilmente impiegabili nel breve e lungo periodo.
Considerati nel loro insieme, essi investono in Italia circa 71 miliardi di euro, pari al 37 per cento del totale degli attivi. Oltre la metà delle risorse è formata da titoli di Stato, per un valore di 40,2 miliardi di euro, mentre poco meno di un terzo è formato dalla componente immobiliare. La quota destinata al finanziamento delle imprese italiane rimane ancora esigua: 7,2 miliardi di euro, pari al 3,7 per cento delle attività totali, di cui 3,4 miliardi in titoli di debito e 3,8 miliardi in titoli di capitale.
Tale limitata esposizione verso le imprese italiane deriva da politiche di gestione finanziaria tipicamente orientate alla replica di benchmark di mercato diversificati su scala internazionale, nei quali il peso assegnato all’Italia è marginale, in conseguenza del basso livello di capitalizzazione del mercato azionario italiano e del limitato numero di imprese quotate; da ciò derivano anche difficoltà nella valorizzazione e nella liquidabilità di strumenti non quotati.
Nell’auspicare un progressivo potenziamento dell’offerta di appropriati strumenti finanziari, deve comunque segnalarsi che, sul versante della governance e della relativa capacità di innovazione delle politiche di investimento, tanto i fondi pensione quanto le casse professionali devono compiere un ulteriore sforzo nella direzione dell’efficienza.
Possono poi contribuire a intensificare l’impegno nell’economia reale le disposizioni introdotte con la Legge di bilancio per il 2017, volte a favorire investimenti nel capitale delle imprese da parte dei fondi pensione e delle casse professionali, attraverso lo strumento della fiscalità e la semplificazione dei meccanismi amministrativi preordinati al conseguimento dei relativi benefici. A queste disposizioni si affiancano le iniziative più recenti volte ad estendere a fondi pensione e casse professionali la possibilità di investire nei Piani Individuali di Risparmio (PIR).