Milano, 23 ottobre 2017 – E’ necessario che i sistemi pensionistici che si mostrano più deboli sotto il profilo della sostenibilità prendano esempio dalle best-practice internazionali, salvo rischiare di creare problemi di equità intergenerazionale e coorti di pensionati delusi.
Il forte monito arriva dalla nona edizione del Mercer Melbourne Global Pension Index (MMGPI), la più completa indagine globale sui sistemi pensionistici, condotta da Mercer e dall’Australian Centre for Financial Studies (ACFS), con il supporto dello stato di Victoria e dal Finnish Centre for Pensions.
Lo studio, che quest’anno ha coperto 30 Paesi ed oltre il 60% della popolazione mondiale, colloca l’Italia al 20° posto della classifica generale (con un punteggio pari a 50,8 punti indice). Prima della classe, per il sesto anno consecutivo, è la Danimarca (con un punteggio pari a 78,9 punti indice), grazie alla solidità dei propri risultati su tutte e tre le macro-aree alla base della classifica. Paesi Bassi (78,8 punti indice) e Australia (77,1 punti indice) sono rispettivamente al secondo e al terzo posto.
La necessità di indirizzare il problema della sostenibilità del nostro sistema pensionistico era già stato evidenziato nelle precedenti edizioni della ricerca. Marco Valerio Morelli, Amministratore Delegato di Mercer Italia, sintetizza così: «L’invecchiamento della popolazione, i bassi tassi di natalità, l’aspettativa di vita sempre più lunga da un lato, così come i bassi livelli di rendimento di mercato e il deficit di risparmio previdenziale impongono ancora una volta all’Italia una riflessione sul proprio sistema pensionistico. Attestiamo con favore – prosegue Morelli – la crescente consapevolezza politica e sociale dell’ importanza della tematica dell’equità intergenerazionale, ribadita anche nell’Indice».
«Italia, così come Giappone, Austria e Francia, emergono dalla ricerca come economie sviluppate i cui sistemi pensionistici potrebbero non rivelarsi in grado di fornire adeguato sostegno nella terza età dei lavoratori attivi presenti e futuri. Sebbene siano stati intrapresi correttivi, è necessaria a mio parere – argomenta Morelli – una riflessione più vasta. La ricerca ci dice come manchi ancora un approccio diversificato al sistema pensionistico, in un Paese in cui storicamente, per una vecchiaia serena, è sempre bastata la pensione pubblica. In una prospettiva di medio-lungo periodo, è arrivato il momento di cercare un nuovo equilibrio, sia finanziario che culturale in cui è sempre più necessaria una previdenza integrativa per garantire il benessere finanziario degli individui in età avanzata, in uno scenario sociale che si prospetta molto diverso rispetto al passato».
E’ importante precisare che nell’Indice, per “sistema pensionistico”, si intende infatti la somma complessiva di previdenza pubblica, complementare e del risparmio previdenziale, anche attraverso strumenti assicurativi e di risparmio gestito e che la sostenibilità complessiva dei sistemi previdenziali è analizzata in ottica vasta, che valorizzi più componenti atte a sostenere il potere d’acquisto degli individui in uscita dal mercato del lavoro. Danimarca, Paesi Bassi e Australia rappresentano, pur nelle differenze di impostazione dei rispettivi sistemi pensionistici, tre esempi di adozione del corretto approccio multi-pilastro.
L’impostazione dell’indice è infatti quella del confronto: nessun sistema pensionistico è perfetto, ma i principi delle migliori prassi sono chiari e condivisibili e le nazioni potrebbero creare le condizioni politiche e economiche tali da rendere possibili i necessari cambiamenti.
Due nazioni che hanno debuttato in questa edizione dell’indice, Norvegia (74,7 punti indice) e Nuova Zelanda (67,4 punti indice), hanno dimostrato di avere una struttura sana, con alcune ottime caratteristiche, e alcune aree di miglioramento. Quello colombiano (61,7 punti indice) è stato invece definito un sistema con buoni spunti ma carenze da affrontare.
Nell’edizione 2017 si è scelto di adottare una nuova domanda, nella categoria sostenibilità; l’aggiunta di questa nuova domanda ha pertanto portato a variazioni nelle ponderazioni. Il nuovo parametro introdotto misura la crescita dell’economia reale attuale e prospettica, in rapporto all’inflazione, e premia quei Paesi che hanno vissuto un’elevata crescita economica reale negli ultimi tre anni e dove questo fenomeno è previsto per il prossimo triennio. L’introduzione di questo nuovo indicatore ha modificato verso l’alto il valore complessivo dell’indicatore per il sistema italiano, migliorandone di fatto il piazzamento. Per altri Paesi invece questa variazione si è tradotta nell’impossibilità di essere inclusi nella fascia più alta della classifica, laddove il tasso di crescita economica non facesse il paio con la solidità degli altri indicatori.
La situazione italiana: i punti di forza
La ricerca valorizza positivamente, per quanto riguarda la macro-area adeguatezza, il livello medio delle pensioni erogate in Italia, così come – per la macro-area integrità – la chiarezza delle informazioni agli aderenti e gli standard obbligatori di governance richiesti agli enti previdenziali.
In particolare, il punteggio fatto registrare dall’Italia per adeguatezza (66,2 punti indice) la avvicina ad Austria e Svezia (67,6; 67,7 punti rispettivamente). Vengono attribuiti valori elevati, anche pari al valore più alto della scala, al tasso di sostituzione medio, al mantenimento del valore reale dei benefici pensionistici rispetto all’inflazione ed alla possibilità di trasferire asset tra diversi fondi.
Anche nella macro-area integrità al sistema italiano vengono assegnati punteggi pari a 10 decimi. Italia tra i primi della classe, quindi, per l’indipendenza societaria garantita ai fondi pensione di secondo pilastro, per i requisiti di conformità richiesti ai Fondi e alle Casse rispetto ad eventuali profili di conflitto di interessi dei propri decisori e  per le informazioni fornite agli aderenti.
La situazione italiana: i punti di debolezza
E’ la sostenibilità di medio-lungo periodo l’area dove il sistema pensionistico italiano risulta più debole (con un valore più basso della scala, pari a 16,4, contro una media di 50,8 ed i 79,8 punti della Danimarca, prima in classifica). Le ragioni sono da ricercarsi:
• Nella bassa adesione a piani pensionistici privati: un tasso effettivo del 27,8% della popolazione in età lavorativa (dato Covip, Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, Relazione 2016), che scende al 21% tra i lavoratori attivi nel Mezzogiorno ed un divario medio di 5 punti percentuale tra l’adesione maschile e quella femminile, in tutte le coorti di età;
• Nel conseguente basso livello di investimenti nelle pensioni private, pari solo al 9% del PIL (dato in costante incremento anno dopo anno, ma distante dalla la media dei paesi più industrializzati);
• Nel contesto demografico caratterizzato dalla bassa partecipazione alla forza lavoro dei lavoratori più senior (ovvero sopra i 55 anni), dal tasso di anzianità della popolazione e dal  tasso di fertilità inferiore a 1,5 figli per donna.
La situazione italiana: gli interventi suggeriti
Il MMGPI individua possibili aree di riforma nei paesi per garantire l’adeguatezza dei benefici pensionistici erogati, la loro sostenibilità e una migliorata fiducia nel sistema previdenziale. A parere di Mercer, le sfide per i decisori istituzionali italiani sul sistema previdenziale includono la necessità di:
• Aumentare la copertura del sistema pensionistico privato, sia in termini di partecipazione che di asset investiti a disposizione per pagare le prestazioni nel futuro, per garantire un elevato tasso di sostituzione tra reddito da lavoro e reddito da pensione;
• Ridurre l’accesso a benefit di natura previdenziale prima del pensionamento;
• Affrontare il tema del maggiore coinvolgimento nel mondo del lavoro di popolazioni in età prossima all’età pensionabile;
• Ridurre l’ammontare del debito pubblico, che impatta direttamente sul primo pilastro pensionistico.
LA METODOLOGIA
L’indice MMGPI misura i sistemi previdenziali sulla base di oltre 40 indicatori che fanno capo a 3 macro-aree: adeguatezza, sostenibilità e integrità. Con adeguatezza si intende il livello delle prestazioni erogate per la media dei lavoratori. All’interno della macro-area sostenibilità si trovano indicatori quali la percentuale di adesione a fondi di previdenza complementare e a fondi pensione, aspetti demografici ed alcune evidenze macroeconomiche come contribuzione e debito pubblico. La macro-area integrità, infine, considera diversi elementi di normativa e governance del rischio pensionistico, così come il livello di fiducia che i cittadini di ogni paese hanno nel loro sistema. Il valore dell’indice per ciascuno dei sistemi pensionistici presi in esame rappresenta la media ponderata di queste tre macro-aree; le ponderazioni utilizzate sono pari al 40% per la macro-area “adeguatezza”, al 35% per la macro-area “sostenibilità” e al 25% per la macro-area “integrità”.
Per confrontare sistemi diversi, si parte come detto da un’importante assunto: per garantire la tenuta della previdenza di un Paese, il reddito pensionistico deve essere sostenuto da “pilastri” pubblici e privati. Nella ricerca vengono definiti e valorizzati, in ogni sistema previdenziale, il “pilastro 0”, ovvero la previdenza minima garantita dallo Stato; il “pilastro 1”, ovvero la previdenza pubblica obbligatoria; il “pilastro 2”, ovvero la previdenza complementare collettiva; il “pilastro 3”, ovvero la previdenza complementare individuale e il “pilastro 4” ovvero i risparmi e altre entrate delle famiglie.
L’indagine MMGPI è condotta da Mercer ed Australian Centre for Financial Studies (ACFS) e finanziata dal Governo dello Stato di Victoria (Australia). Un ulteriore supporto finanziario è stato fornito da un’istituzione finlandese (The Finnish Centre for Pensions).