Il consolidamento del welfare aziendale

Il welfare aziendale è un elemento sempre più presente nelle politiche retributive tanto che, non sembra più possibile prescindere dall’erogazione di parte della retribuzione in forma di beni e servizi: quali scenari per il futuro?
Il welfare aziendale è un elemento di novità che sta andando sempre più consolidandosi nelle relazioni industriali. Il tavolo di confronto delle politiche retributive, ormai da un paio di anni, non può prescindere dall’erogazione di parte della retribuzione in forma di beni e servizi. A oggi questa porzione è ancora molto piccola, ma è certamente destinata a crescere.
Lo scopo sarebbe quello di migliorare la percezione da parte dei lavoratori di quelle somme che vengono erogate non in forza di accordi individuali quanto piuttosto come premio di risultato a seguito di accordi collettivi aziendali di secondo livello. Da poco, tuttavia, anche i contratti collettivi nazionali hanno iniziato a ritagliare uno spazio per il welfare. Si sono mossi in questa direzione il contratto collettivo per i lavoratori metalmeccanici, il contratto per le autostrade e i trafori e da ultimo quello per gli orafi e gli argentieri.
In alcuni casi viene riservata dalla contrattazione nazionale una quota del premio di risultato da erogare in forma di welfare aziendale e in altri, come nel CCNL degli orafi, viene prevista una somma minima da erogarsi in aggiunta quanto già concordato a titolo di premi ed incentivi di varia natura e fonte. Per il vero, è opportuno specificare che l’incidenza di queste previsioni per ora è minima, nell’ordine di 100 euro per il 2018, 150 euro per il 2019 e 200 per il 2020.
Quanto sopra sulla scia della convinzione, che lo scambio tra impresa e lavoratori non può fondarsi solo sulla componente salariale e che, al fine di migliorare le condizioni di lavoro e, di conseguenza, la produttività dei lavoratori, l’impresa debba farsi carico di supportare e integrare il cosiddetto Stato Sociale. In concreto, il welfare aziendale si sostanzia in interventi che consentono da un lato, di aumentare il reale potere di acquisto dei lavoratori e, dall’altro, di migliorare le condizioni di benessere psico-fisico come ad esempio servizi per la salute, la genitorialità e il tempo libero.
Anche lo Stato, dal canto suo, pare aver recepito le caratteristiche del mutamento in atto e, di conseguenza, ha concentrato il proprio operato nell’incentivazione del ruolo del welfare aziendale mediante una serie di agevolazioni fiscali.
A tal proposto, la Legge di Stabilità 2016 ha introdotto una tassazione agevolata al 10% per tutti quegli emolumenti economici riconosciuti ai dipendenti in virtù di aumenti di produttività. Oltre a ciò, per quei lavoratori che decidessero di convertire la somma del premio di produttività in un servizio di welfare aziendale erogato dal datore di lavoro (ad es. asili nido, palestre e sport, cultura, buoni pasto ecc.), viene previsto un totale abbattimento dell’aliquota IRPEF.
Sempre con riferimento a tali aspetti, la successiva Legge di Stabilità 2017 ha potenziato e rinforzato le agevolazioni fiscali introdotte nel 2016 prevedendo, inter alia ( tra l’altro), un innalzamento del reddito da lavoro dipendente necessario per poter usufruire dell’aliquota del 10% sui premi di produttività (da 50mila a 80mila euro annui) e un potenziamento del ruolo della contrattazione aziendale che viene naturalmente identificata quale strumento maggiormente indicato per regolamentare e implementare le politiche di welfare aziendale.

fonte Pensioni e Lavoro