Nel decreto dignità tornano i buoni lavoro: che cosa potrebbe cambiare, quali differenze col contratto di prestazione occasionale e col libretto famiglia.
Dopo il flop del contratto di prestazione occasionale e del libretto famiglia tornano i tanto discussi voucher, cioè i buoni per le prestazioni di lavoro occasionale accessorio: in effetti i due strumenti, che dal 2017 hanno sostituito i buoni lavoro, si sono rivelati difficilmente fruibili, soprattutto a causa della complessità degli adempimenti collegati e dei tempi di attesa dal pagamento delle somme all’Inps all’accredito nella propria provvista telematica. I contratti di prestazione occasionale, in pratica, sono risultati inadatti a gestire la maggior parte delle attività di lavoro saltuario e, soprattutto, le attività da svolgere con urgenza, richiedendo tempistiche di attivazione eccessivamente lunghe e complicate. Ecco perché è stata proposta la reintroduzione dei voucher nel decreto dignità, che dovrebbe essere varato a breve: in un primo momento, i buoni lavoro dovrebbero essere reintrodotti nel settore agricolo, per poi passare a tutte le altre attività. Cerchiamo allora di fare il punto sulla situazione dei voucher: che cosa cambia con la loro reintroduzione, quali sono le differenze tra questi strumenti, i contratti di prestazione occasionale ed il libretto famiglia.
I voucher, o buoni lavoro, consistono, o meglio consistevano, in ticket orari del valore di 10 euro l’uno, utilizzati per retribuire le prestazioni di lavoro accessorio. Potevano essere retribuiti con i voucher, secondo la normativa più recente, tutti i lavoratori, con un compenso massimo pari a 7mila euro netti annui; dal singolo committente era però consentito ricevere un massimo di 2000 euro netti l’anno.