Fondi pensione, in 20 anni battuti Borse, obbligazioni e Tfr

La competizioneI conti in tasca alla previdenza integrativa. Imbattibili i negoziali (con il contributo del datore di lavoro). Ma solo un lavoratore su tre è iscritto. E pochissimi sono giovani
Previdenza integrativa, vent’anni dopo. Buoni numeri per i fondi pensione — quelli di categoria hanno battuto le Borse, i bond internazionali e il Tfr — , ma sempre poco successo tra i lavoratori. Ed è un peccato, soprattutto per i più giovani. I rendimenti sono decisamente superiori a quelli offerti da investimenti finanziari come le azioni o i titoli di Stato internazionali o dal diretto concorrente, cioè la liquidazione lasciata in azienda. Vent’anni sono un periodo sufficientemente lungo da comprendere vari cicli macro-economici e di andamento dei mercati finanziari: un arco di tempo abbastanza ampio, quindi, per valutare se i fondi pensione hanno protetto e valorizzato il risparmio previdenziale dei loro iscritti. Le elaborazioni realizzate da L’Economia indicano che l’obiettivo è stato raggiunto.
Un guadagno di 23 mila euro
Un lavoratore con una retribuzione iniziale di 18 mila euro l’anno (corrispondenti a circa 28 mila di oggi), che alla fine del 1998 avesse aderito a un fondo pensione negoziale (riservato ai dipendenti di un’azienda o agli appartenenti a una categoria professionale), oggi si ritroverebbe con un montante finale di 63.581 euro. Ai 32.911 euro di Tfr (il 9,91% della retribuzione lorda) si aggiungerebbero i 7.144 del suo contributo, nell’esempio l’1,5% della retribuzione lorda, e altri 7.144 di quello aziendale (ipotizzato in misura paritetica), che spetta solo a chi aderisce al fondo pensione. Considerata questa voce, il guadagno complessivo rispetto alle somme versate sarebbe pari a 23.526 euro. Oltre ai buoni risultati della gestione finanziaria, il contributo aziendale fa davvero la differenza nel determinare la convenienza della previdenza complementare.

fonte: Corriere della Sera