Più di 7 italiani su 10 “ogni anno pagano di tasca propria almeno una prestazione sanitaria con una spesa sanitaria privata complessiva che sfiora i 40 miliardi di euro. Il fenomeno, in costante espansione (+9,9% tra il 2013 e il 2018), riguarda 2 italiani su 3 (quasi 44 milioni di persone), con un esborso medio di circa 655 euro per cittadino”. Sono i dati illustrati da Marco Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale di Rbm Assicurazione Salute, nel suo libro presentato il giorno 8 maggio 2019  alla Camera ‘La salute è un diritto. Di tutti’ (Egea).

“La spesa sanitaria privata è̀ la più̀ grande forma di disuguaglianza in sanità,̀ perché́ diversifica le possibilità̀ di cura esclusivamente in base all’entità del reddito disponibile da parte di ciascun cittadino – aggiunge Vecchietti – Un sistema sanitario che ambisca a essere effettivamente universalistico è incompatibile con una necessità strutturale di integrazione ‘individuale’ pagata direttamente dai cittadini malati o più deboli. In costante aumento anche le disparità a livello territoriale, non solo di natura assistenziale (breve periodo), ma anche con riferimento agli indicatori di salute (medio/lungo periodo). Fenomeno, questo, aggravato dalla carenza strutturale di risorse e di investimenti in alcune aree del Paese, che finisce per alimentare anche il flusso delle migrazioni sanitarie dalle regioni del Sud verso le regioni del Nord”.
E ancora, “istituzionalizzare la sanità integrativa per assicurare, nell’ambito di un sistema a governance pubblica e gestione privata, una gestione ‘collettiva’ alla spesa sanitaria delle famiglie attraverso un’intermediazione strutturata da parte di un secondo pilastro sanitario complementare da affiancare al Ssn, in continuità con l’impostazione già seguita nel settore previdenziale con riferimento ai fondi pensione”.
“I bisogni di cura dei cittadini sono cambiati – evidenzia Vecchietti – Bisogna chiedersi, a questo punto, se lasciare i cittadini di fronte alla scelta di pagarsi da soli (quando il proprio reddito glielo consente) le prestazioni sanitarie aggiuntive di cui hanno bisogno, o creare un secondo pilastro sanitario complementare che garantisca a tutti, nel rispetto dei medesimi valori fondanti del Ssn, uguali condizioni di accesso ai nuovi bisogni di cura”.
fonte: Adnkronos