Anche la Covip contraria al fondo complementare Inps

Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha più volte affermato che per dare un futuro previdenziale ai giovani, occorre istituire un fondo di previdenza complementare per i giovani e poter investire le risorse nell’economie italiane. I sindacati hanno subito risposto no con ampie e fondate argomentazioni. Nel dibattito interviene anche la Covip forte dei risultati ottenuti nel secondo semestre dell’anno scorso, sia in termini di adesioni che di rendimenti finanziari. Il presidente dell’Autorità di Vigilanza Mario Padula in una intervista rilasciata al Corriere della Sera del 5 febbraio 2020 dichiara che per aumentare gli iscritti occorre l’implementazione digitale del settore. “Per esempio, deve essere possibile, in particolare per i fondi negoziali, aderire non solo in forma cartacea ma anche online. La Covip spingerà il sistema a farlo. Iorp II, la più recente direttiva europea sul settore, ci aiuta ad andare in questa direzione. È importante, in particolare, per i riflessi che può avere sulle adesioni nelle piccole imprese, dove il Tfr di chi non aderisce ai fondi resta in azienda. Qui se il datore di lavoro interloquisse direttamente col fondo, ci potrebbe essere un aumento delle adesioni alla previdenza complementare”.
Sulla proposta del presidente dell’Inps di un fondo complementare pubblico per i giovani. Padula pensa «Che introdurrebbe elementi di instabilità perché si indebolirebbe la divisione tra primo, secondo e terzo pilastro, con conseguenze negative sul peso della previdenza pubblica sui conti dello Stato. Che aumenterebbe l’esposizione dei portafogli pensionistici degli italiani all’andamento del economia italiana. Che avrebbe una collocazione incerta nell’edificio regolatorio italiano, che ha fondamenta europee. Inoltre, si rischierebbe di far confusione sulla mission dei fondi pensione, che è quella di trasformare i contributi in prestazioni, per via della governance pubblica-politica che pare prefigurarsi per questo fondo pubblico. Infine, l’Inps non fa gestione finanziaria dei contributi, non è il suo mestiere. Complessivamente, vedo quindi più rischi che opportunità. E osservo che nel mondo la tendenza è opposta: spostare il peso della previdenza dal primo al secondo pilastro».