La Covip, l’autorità di vigilanza sulla previdenza complementare, ha reso noto i principali dati statistici aggiornati a dicembre 2019.
Le posizioni in essere
Alla fine del 2019, il numero delle posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari si attesta a 9,133 milioni; la crescita nell’anno è stata di 393.000 unità (4,5 per cento). A tale numero di posizioni, che include anche quelle relative a coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,310 milioni di individui.
I fondi negoziali registrano 159.000 posizioni in più (5,3 per cento), portandone il totale a fine dicembre a 3,161 milioni. Gran parte della crescita è appannaggio dei dieci fondi per i quali operano meccanismi di adesione contrattuale: il fondo rivolto ai lavoratori del settore edile ha avuto l’incremento maggiore, seguito a distanza dal fondo territoriale per i lavoratori del Veneto e dal fondo destinato ai dipendenti pubblici; tuttavia, per quest’ultimo le adesioni rimangono modeste rispetto alla platea potenziale.
Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,551 milioni di posizioni, crescendo di 89.000 unità (6,1 per cento) rispetto alla fine dell’anno precedente. Nei PIP “nuovi”, il totale delle posizioni è di 3,419 milioni; la crescita annua è stata di 144.000 unità per un tasso di variazione (4,4 per cento) che segna un rallentamento rispetto agli anni precedenti. Nei fondi preesistenti le posizioni all’ultima rilevazione disponibile, risalente alla fine di settembre, erano 652.000.
Le risorse in gestione
Le risorse complessivamente destinate alle prestazioni ammontano, alla fine di dicembre, a 184,2 miliardi di euro; il dato non tiene conto delle variazioni nell’anno 2019 dei PIP “vecchi”.
Il patrimonio dei fondi negoziali, 56,1 miliardi di euro, risulta in crescita dell’11,4 per cento rispetto a fine 2018. Le risorse accumulate presso i fondi aperti corrispondono a 22,8 miliardi di euro, i PIP “nuovi” totalizzano 35,6 miliardi; l’aumento nell’anno è stato, rispettivamente, del 16,4 e del 15,8 per cento. All’ultima rilevazione disponibile, risalente alla fine di settembre, le risorse di pertinenza dei fondi preesistenti erano pari a 63 miliardi di euro.
I rendimenti
Il 2019 è stato positivo per i mercati finanziari. Per le obbligazioni, la crescita dei corsi è stata favorita nei primi tre trimestri dal calo dei rendimenti che, in tutte le principali economie avanzate, hanno toccato un minimo storico in agosto; nell’ultima parte dell’anno i rendimenti sono leggermente risaliti. Per le azioni, condizioni monetarie ancora ampiamente accomodanti e la progressiva attenuazione delle tensioni sui negoziati commerciali hanno sospinto i relativi prezzi.
Per le forme pensionistiche complementari i rendimenti medi di periodo sono stati pertanto positivi, per tutte le forme e per tutte le tipologie di comparto. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno guadagnato il 7,2 per cento; l’8,3 e il 12,2, rispettivamente, i fondi aperti e i PIP di ramo III. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dal flusso cedolare incassato sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,7 per cento.
I rendimenti del 2019 consolidano ancora quelli registrati nel decennio precedente, orizzonte più proprio per valutare il risparmio previdenziale. Nel periodo da inizio 2010 a fine dicembre 2019 (dieci anni), il rendimento medio annuo composto è risultato pari al 3,6 per cento per i fondi negoziali, al 3,8 per i fondi aperti e al 3,8 per i PIP di ramo III; al 2,6 per cento per le gestioni separate di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del TFR è stata pari al 2 per cento.