Il ruolo dei Fondi pensione negoziali per sostenere lo sviluppo del Paese

Malgrado le diverse previsioni sulle prospettive economiche elaborate in questi giorni, da parte di Istituzioni e centri ricerca nazionali ed internazionali, nessuno è in grado di prevedere la durata e la profondità della crisi che l’attuale emergenza sanitaria sta determinando.

La cosa certa è che a fronte di una pesante crisi globale, saranno necessarie attente e vigorose politiche pubbliche, nazionali e sovranazionali, in grado di incidere sui processi economici e finanziari, sostenendo e orientando la domanda aggregata e le scelte dei diversi attori economici, imprese e operatori finanziari innanzi tutto.

È quindi necessario che i policy makers, a ogni livello, sappiano accompagnare le decisioni più immediate che vengono assunte per contrastare sul piano sanitario e sociale questa emergenza, ad un altrettanto importante impegno per mettere in campo politiche economiche e finanziarie in grado di sostenere un’auspicabile ripresa. Possibilmente cogliendo questa infelice circostanza per ripensare le politiche e il modello di sviluppo. I segnali che stanno arrivando in questi giorni dall’Unione Europea sono contrastanti, ma alcuni vanno nella direzione giusta.

Nella delicata fase che abbiamo di fronte è arrivato il momento di mettere con i piedi per terra una discussione su un tema sino ad ora affrontato fra pochi addetti ai lavori e con scarsi risultati pratici, che è quello del ruolo dei Fondi previdenziali nel sostegno dell’economia reale e dello sviluppo del nostro Paese.

Quando parliamo di Fondi previdenziali in Italia facciamo riferimento a realtà che detengono  risorse accumulate pari a 167,1 miliardi di euro. Di questi 36,7 miliardi (27,7% del patrimonio) sono già investiti in Italia ma la parte prevalente, il 21,4%, sono titoli di debito pubblico. Solo 3,7 miliardi, pari al 3% del patrimonio complessivo, sono investiti in imprese domestiche (Relazione Covip 2019).

In particolare i Fondi negoziali, che hanno circa 52 miliardi di euro di capitale accumulato e che per la loro natura vivono con la partecipazione dei lavoratori di cui ne gestiscono il risparmio previdenziale, non possono non essere sensibili al tema della finalità occupazionale, sociale ed ambientale dei loro investimenti.

Quindi è doveroso interrogarsi su come i Fondi negoziali, soprattutto in questa fase, possano dare un sostegno allo ripresa ed allo sviluppo del Paese.

Alcuni importanti processi in questo ultimo periodo sono stati avviati. In particolare Assofondipensione, l’associazione dei Fondi negoziali, e la Cassa Depositi e Prestiti hanno promosso la costituzione, presso il Fondo italiano investimenti, di due Fondi dei Fondi, che effettueranno investimenti di private equity e private debt in imprese italiane di medie dimensioni, solide e che presentino progetti aziendali di sviluppo innovativi e capaci di creare occupazione aggiuntiva, assumendo come vincolo i criteri di responsabilità sociale Esg (sostenibilità ambientale, sociale e partecipazione). Un terzo fondo verra costituito in seguito con l’obiettivo di partecipare ad investimenti infrastrutturali, anche relativi al welfare.

Alcuni Fondi negoziali, singolarmente o in forma associata, hanno anche avviato, e in parte già realizzato, esperienze di diversificazione degli investimenti nel mercato “illiquido” tenendo in particolare riferimento le imprese italiane.

Queste sono iniziative importanti che vanno nella direzione giusta ma non vi è dubbio che sia necessario andare oltre con un intervento di “sistema”.

È necessario connettere le potenzialità finanziarie dei Fondi previdenziali ad un “Progetto Paese”, nella definizione del quale tutti gli attori della governance collettiva, Istituzioni e parti sociali in primis, dovrebbero essere chiamati a concorrere, prevedendo anche la predisposizione di nuovi strumenti, come un’Agenzia per lo sviluppo.

In questo contesto, si tratterebbe in particolare di mettere a disposizione dei Fondi previdenziali veicoli d’investimento, incardinati sul sistema CDP, che potrebbero convogliare risorse su progetti ad alto valore strategico per il Paese, come le infrastrutture telematiche, logistiche e sociali, l’assetto idrogeologico del territorio, la salvaguardia dell’ambiente e il recupero urbano.

In questo quadro andrà affrontato il tema del rapporto garanzie/rendimenti e, in considerazione della forte valenza collettiva del progetto, andrebbero predisposte mirate azioni di sostegno pubblico, come ad esempio per sostenere gli investimenti nel welfare pubblico o gli investimenti, pubblici o privati, con un forte impatto ambientale.

Parallelamente anche gli investimenti diretti sulle imprese, ad iniziare da quelli attivabili in forza del progetto CDP/Assofondipensione, andrebbero sostenuti, fiscalmente e in termini di garanzia relativa, rafforzando e rimodulando la strumentazione già introdotta tre anni fa dalla normativa nel sistema.

Tutto ciò consentirebbe ai Fondi di modificare la loro asset allocation salvaguardando la loro responsabilità, cioè quella di agire in un contesto prudenziale generando comunque rendimento per i lavoratori.

In questi giorni sono state avanzate in proposito alcune proposte più radicali, come la costituzione presso l’INPS di un mega fondo di previdenza complementare alternativo o, addirittura, sostitutivo dei Fondi negoziali.

A mio avviso  queste sono ipotesi impercorribili, per più ragioni ma, innanzi tutto, perché  il patrimonio dei Fondi è un accantonamento di risorse, a capitalizzazione individuale, dei lavoratori aderenti, il cui utilizzo deve essere ispirato a criteri prudenziali, da un lato, e alla ricerca di un adeguato rendimento, sul mercato degli investimenti, in rapporto al profilo di rischio che il lavoratore sceglie. Entrambe le condizioni si posso realizzare solo attraverso una gestione finanziaria ed una diversificazione degli investimenti nel mercato. Inoltre, rispetto alle decisioni allocative e gestionali, non possiamo dimenticarci che vi è una autonomia ed una responsabilità diretta degli amministratori dei singoli Fondi, conferitogli salla normativa, dai contratti collettivi e dal mandato dei lavoratori aderenti. Tutte le ipotesi, anche quelle che partono giustamente dal presupposto che il sistema deve innovarsi profondamente per dare un contributo diverso al Paese, devono fare i conti con queste condizioni di premessa.

In sintesi, partendo dalla sfida della ripresa dello sviluppo del Paese, vanno ricercarti tutti gli strumenti utili per favorire investimenti, innovazione, coesione sociale e lavoro. Una sfida che andrebbe affrontata con la partecipazione di tutti gli attori istituzionali, economici e sociali, nell’ambito delle diverse e distinte responsabilità, partendo dal ruolo centrale che il Governo deve assumere, nel promuovere e sostenere questo processo. In questo contesto le parti sociali possono dare anche un loro contributo diretto, anche attraverso la valorizzazione del ruolo e delle potenzialità dei Fondi previdenziali, favorendone una evoluzione anche sul terreno delle politiche di investimento nell’economia reale del Paese, ma senza stravolgerne il sistema, che in questi vent’anni ha dato comunque importanti risultati.

Roberto Ghiselli

Segretario nazionale Cgil – Vice-Presidente Assofondipensione

fonte: il diario del lavoro