La politica di investimento dei Fondi pensione si basa sulla copertura previdenziale offerta dal primo pilastro. La prevista recessione inciderà sui tassi di sostituzione. Così i gestori dovranno rivedere le proprie strategie.Il 2020 sarà da tutti ricordato come l’anno del lockdown e della crisi economica che ne deriverà. L’Istat ha stimato una caduta del Pil del 2020 dell’8,3%, la
Banca d’Italia del 9,2% e non mancano proiezioni ancora più pessimistiche.
L’andamento del Pil rappresenta il «motore» delle pensioni calcolate con il metodo di calcolo contributivo. Le pensioni dei prossimi quindici anni, che sconteranno maggiormente l’effetto di questa recessione, avranno una quota contributiva sempre più preponderante, nell’ordine di ¾ della prestazione. Ebbene, la pensione contributiva dipende in prima istanza dall’effettiva retribuzione percepita (sulla quale in proporzione di 1/3 si versano i contributi), ma anche dalla misura della
rivalutazione che viene determinata dalla variazione media quinquennale del Pil nominale, appositamente calcolata dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare.
Va precisato che, qualora nella media dei numeri della serie storica del Pil a prezzi correnti risulti un coefficiente inferiore a 1, subentra una clausola di salvaguardia e il coefficiente rimane 1 (come effettivamente successo nel 2013). La salvaguardia prevede però che questa contrazione venga recuperata successivamente, negli anni seguenti, quando il coefficiente risulterà maggiore di 1. Cosicché la rivalutazione rimarrà bloccata fino a che il Pil non ritornerà «a galla». Una crisi economica, pertanto, potrebbe portare una mancata rivalutazione dei contributi per diversi anni.
Per comprendere quanto la rivalutazione sia importante, si pensi che 100 euro di contributi versati nel 1996, rivalutati in base ai coefficienti storici, sono diventati 190,89 euro nel 2020. Tenendo tuttavia conto dell’inflazione intercorsa tra il 1996 e il 2020 secondo l’indice Foi (l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati – ndr) pubblicato da Istat, i 190,89 euro si riducono a soli 126,50 euro. In altre parole la rivalutazione del contributo in
venticinque anni ha concesso un ¼ di guadagno.
Dal momento che il risparmio previdenziale ha un’ottica di lungo periodo, l’inflazione, anche se bassa, incide in misura non indifferente. Pertanto, è fondamentale ragionare sempre in termini reali. Questo principio, sempre valido in ambito previdenziale, è ancora più importante con il metodo di calcolo contributivo che non prevede una clausola esplicita di garanzia per la tutela
del potere d’acquisto.
Premesso che il metodo di calcolo contributivo espone direttamente il lavoratore al rischio macroeconomico, se la svalutazione derivante da una crisi economica avviene in prossimità della decorrenza di pensione, il ridotto orizzonte temporale potrebbe rendere complesso recuperare la mancata rivalutazione. In tal senso, comunque, l’applicazione della media mobile attutisce l’impatto di una brusca riduzione del Pil nel caso in cui sia seguita da una potente ripresa.
Se invece il recupero non c’è o è lento, per forza di cose si rifletterà in pari misura anche sulla rivalutazione del montante, ma sempre con uno sfasamento temporale.
Una crisi come quella del 2020 sta avendo un impatto importante anche sulla previdenza complementare. Nei primi mesi dell’anno gran parte dei fondi pensione hanno visto sfumare gli
ottimi rendimenti del 2019 e, sebbene dopo il primo impatto negativo i risultati stiano mostrando un andamento che genera ottimismo, è indubbio che l’incertezza della situazione economica
globale continuerà ancora per diverso tempo a influenzare la redditività del
risparmio previdenziale.
La crisi del Pil e la contrazione della rivalutazione dei montanti contributivi è un elemento che il fondo pensione non può trascurare a livello strategico.
La politica d’investimento di un fondo si basa infatti sulla copertura previdenziale di primo pilastro, punto di partenza per la valutazione del gap che la platea di aderenti dovrà colmare con
il risparmio di secondo pilastro. È pertanto utile valutare come la contrazione del Pil italiano potrà influire sui futuri tassi di sostituzione al fine di comprendere se sia necessario rivedere la politica d’investimento.
A tale proposito, si è proceduto valutando alcune proiezioni pensionistiche, ipotizzando due scenari di ripresa economica e il possibile impatto sulla copertura pensionistica di primo pilastro. Ovviamente nel calcolo previdenziale intervengono una molteplicità di fattori, sia di natura normativa, sia relativi alla situazione individuale, che possono avere rilevanza ben più ampia rispetto alla rivalutazione dei montanti contributivi.

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