Riforma pensioni: Pensare alla non adeguatezza delle pensione per le carriere corte o discontinue

Il problema delle pensioni insufficienti un problema che coinvolge tutti lavoratori ma in particolar modo coloro che hanno carriere corte o discontinue che non consentono di raggiungere periodo di contribuzione necessari ad ottenere una pensione di importo soddisfacente, aggravato dalla pandemia Covid.
Il sistema pensionistico come del resto nella maggior parte dei paesi europei non appare adeguato a fronteggiare questa situazione dato che l’importo della pensione è strettamente connesso all’angustia del periodo lavorativo e della contributiva.
I regimi di tipo universalistico invece forniscono pensione flat rate che sono indipendenti sia dai livelli retributivi sia con la durata del periodo lavorativo.
Lo schema pensionistico come altre parti del nostro sistema di sicurezza sociale è costruito sul modello del lavoratore dipendente mentre il mondo del lavoro risulta oggi profondamente modificato. Ma va osservato che la mancanza di un adeguata copertura previdenziale a causa delle carriere corte e discontinue non è imputabile al sistema contributivo ma si verificherebbe anche nel sistema retributivo. In questo sistema infatti il rendimento è del 2% annuo e quanto più lungo è il periodo di contribuzione tanto maggiore è il rendimento e viceversa con 35 anni di anzianità contributiva il rendimento da applicare alla retribuzione pensionabile è del 70%, con 20 o 25 anni di contributi scende rispettivamente a 50 e al 40%. Se si confrontano i tassi di sostituzione del contributivo si equivalgono sostanzialmente.
Nel primo caso il lavoratore con 20anni di lavoro ho un tasso di sostituzione del 49,2% con il sistema retributivo una copertura pensionistica del 51,6%. Non è quindi il ritorno al retributivo che può risolvere il problema della copertura pensionistica specie dei lavoratori atipici ed autonomi. Per rendere adeguate le pensioni non basta l’innalzamento dell’età pensionabile, occorre un’integrazione a carico della fiscalità generale.
In condizioni normali, lo strumento più idoneo ad integrare i tassi di sostituzione rimane sempre la previdenza complementare.
Questa soluzione infatti si applica bene, almeno sulla carta, ai lavoratori dipendenti regolari o gli autonomi con un reddito medio alto ma non alle tante tipologie di lavoro presenti oggi sul mercato perché presuppongono una contribuzione media superiore del 9% circa. Per i lavoratori dipendenti le risorse aggiuntive. Ma per le figure già destinate ad una ridotta previdenza pubblica appare difficile se non impossibile integrarla con una previdenza complementare .
Poiché nell’incontro di oggi 16 settembre fra il governo ed i sindacati si parla nuovamente di previdenza e di una pensione di garanzia per i giovani, ci si augura che si tenga in evidenza questa problematica.