Il Covid annulla la certezza della pensione
Non mi stancherò mai di ricordare che la pensione complementare è una necessità imposta dal sistema di calcolo contributivo introdotto dalla legge Dini ( legge 335/95) nel lontano 1996: Prima si diceva: sembra un secolo fa. In effetti era un secolo fa.
Il panorama economico finanziario di quel periodo che aveva necessitato la riforma delle pensioni era  decisamente negativo. Nel 1992 c’era stata una grande crisi economica e l’allora presidente del consiglio Giuliano Amato era dovuto intervenire con energia, poi il successivo governo Berlusconi nel 1994 tentò una sua riforma e infine il governo tecnico Dini riuscì a fare la sua.
Rose e fiori se confrontiamo lo scenario di ieri con quello di oggi.
Ieri, senza pandemia e senza lo straripamento del lavoro precario si discuteva che la pensione sarebbe stata bassa e come aumentarla senza oneri a carico dello Stato. La pensione integrativa appunto battezzata come complementare. Poi qualcuno spiegherà la differenza lessicale.
Ma si partiva da un presupposto che oggi è diventata una ipotesi: Comunque un lavoratore a 65 anni con 15 poi divenuti 20 anni di lavoro e con addirittura solo 5 anni di contributi, una pensione l’avrebbe avuta.
Oggi questa certezza è stata spazzata via, perchè nel frattempo la situazione è andata progressivamente peggiorando fino exploit finale del febbraio dello scorso anno con lo scoppio della epidemia Covid 19 che quando terminerà ( mi conforta la quasi certezza che niente è eterno), i sopravvissuti si troveranno a vivere in un ambiente distrutto. Chi ricorda il film di Rossellini Berlino anno zero, ecco speriamo di no, ma saremo a quel livello o giù di lì.

Pensiamoci subito alle prossime pensioni
Partiamo da quel punto, ma pensiamoci da ora, almeno questa volta cerchiamo di non farci trovare impreparati e cerchiamo di assicurare una pensione adeguata a tutti coloro che ne hanno diritto e che l’articolo 38 della nostra Costituzione individua molto bene.


Detto articolo lascia libera solo le forme di assistenza, non di previdenza.

La pensione complementare è un lusso per pochi

Per cui la pensione complementare se la può permettere solo chi ha un lavoro stabile a tempo indeterminato, uno stipendio congruo e la maturazione del Tfr che permette di risparmiare destinandola ai fondi pensione integrativi.
Rimangono esclusi da questa previsione i lavoratori non garantiti, quelli che lavorano in nero che finora non sono emersi e non emergeranno pressocchè mai, i lavoratori instabili eccetera, che poi sono quelli che per la maggior parte fanno ancora lavori manuali parzialmente sostituiti da robot e che quindi si usurano fisicamente molto prima di quelli che svolgono un lavoro “intellettualeggiante” che stanno nel calduccio degli uffici, pronti a protestare se i termosifoni si abbassano di qualche grado centigrado oppure nelle loro magioni a lavorare con il computer in smart working, che sarà anche per certi versi problematico, ma comunque diverso svolto dall’edile che in ogni caso dovrà stare sul cantiere  (se è rimasto aperto) e che il lavoro non potrà portarselo a casa.
Attualmente sono previsti un paio di tipi di intervento per costoro: la pensione sociale/assegno sociale e oggi la discutibile pensione  di cittadinanza.

Garantire a tutti una pensione adeguata
l’assegno sociale, la pensione di cittadinanza, sono tutti istituti da rivedere e potenziare alla luce di quanto detto prima e che siano in grado di assicurare una vita ( nella vecchiaia) libero dal bisogno senza infingimenti irrealistici sui costi medi necessari per vivere che saranno pure definiti dall’Istat ma che al più consentono di vivere per una settimana. Faccio un esempio quando si definisce un canone medio di abitazione in 300 euro mensili, può anche succedere che in qualche borgo del nostro vasto e variegato Paese si possa trovare, ma tutti sanno che nelle medie città, dove si addensano i tre quarti della popolazione un canone medio di locazione ( prevalentemente minimonolocali, mansarde per bhoemienne)  si aggira sui 500 euro e per i single, le persone sole insomma, è una tragedia, perchè quelli in duplex almeno la spesa la possono dividere.

La soluzione
Anni fa, nella 17 ma legislatura con dei progetti/disegni di legge bipartisan, da Giuliano Cazzola e Cesare Damiano, per intenderci, si era ipotizzata una riforma pensione sempre su tre pilasti, ma diversa da quella attuale: una pensione di base uguale per tutti, una integrazione in base ai contributi versati e per i benestanti la pensione complementare.
Forse è il caso di ripensarci perché con un minimo di lotta all’evasione fiscale  oltre alla ricchezza creata dall’ utilizzo del mitico  Recovery Found, potranno fornire le risorse economiche necessarie.