Denatalità e invecchiamento della popolazione: La collaborazione virtuosa tra Pubblico e privato può svolgere un ruolo centrale.
La situazione del Paese, in questo accidentato primo quarto del XXI secolo, è schiacciata dalle culle sempre più vuote e dall’aumento dell’inabilità.

L’emergenza relativa al fenomeno della sempre più grave denatalità sembrerebbe risolvibile o, per lo meno mitigabile, attraverso interventi da realizzare in via sistematica. Dopo decenni di colpevole incuria, occorre programmare un ventaglio di iniziative, volte a favorire la procreazione. A titolo meramente esemplificativo si possono elencare: l’avvio di reali incentivi fiscali per le famiglie, lo sviluppo capillare di strutture di accoglienza e di supporto per la prima infanzia, gli aiuti alla scolarizzazione, l’esercizio di una pressante moral suasion nei confronti delle Parti Sociali, norme contrattuali che sostengano la maternità. In ogni caso, il successo di qualsivoglia campagna demografica non può prescindere da un duraturo periodo di forte crescita e sviluppo. È improbabile, infatti, che sorga un gran desiderio di mettere al mondo dei figli in una situazione di generalizzata difficoltà economica e di sfiducia in un futuro migliore.

Il fenomeno del progressivo incremento dell’indice di vecchiaia della popolazione, è banale dirlo, è un bene prezioso. L’inabilità, purtroppo, colpisce tutte le età, ma, quanto a diffusione, connota particolarmente la vecchiaia, specialmente se estrema: quindi l’incremento della senescenza porta con sé un incremento esponenziale dell’inabilità, sia pure con diversificati livelli di gravità.

Il problema del sostegno all’inabilità da invecchiamento non é meno drammatico di quello della denatalità, ma per esso va realizzato un poderoso sforzo di iniziative operative immediate, perché è oggi e nel breve/medio periodo che le coorti di anziani, figli degli – ottimisti – anni del boom del dopoguerra, necessiteranno di sostegno. In quest’ottica di urgenza e di celerità gli interventi in favore dei senescenti, almeno per la componente pubblica, vanno assolutamente inseriti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), avendo essi, oltretutto, un’oggettiva componente sanitaria. Occorre un Piano Emergenza Anziani. Al riguardo, le proposte avanzate dal Network Non Autosufficienza (NNA), a cui Secondo Welfare ha già dato eco, sono dettagliate e razionali. Mi limito a richiamarle per titoli: a) semplificazione delle modalità di accesso alle strutture pubbliche, opportunamente coordinate; b) ampia revisione dei servizi domiciliari; c) investimento straordinario per riqualificare le strutture residenziali. Queste proposte prevedono un sapiente utilizzo delle risorse sul territorio. E di quanto il territorio sia cruciale non è neppure il caso di parlarne, considerando ciò che è accaduto sul fronte della pandemia.

Il supporto all’inabilità, tuttavia, non può essere soltanto un problema pubblico, ma deve diventare un primario momento di attenzione anche per il mondo del welfare pensionistico e assistenziale privato, nella maggior parte dei casi prodotto della contrattazione collettiva. Nell’esperienza dei fondi pensione complementari e delle casse di assistenza di secondo pilastro non mancano esperienze di coperture di Long Term Care (LTC) chedevono essere potenziate.

Il mondo dei fondi pensione, tuttavia, può svolgere un ruolo centrale anche in interventi strutturali a sostegno dell’inabilità, orientando taluni investimenti in quelle che, correttamente, sono denominate infrastrutture sociali: RSA tecnologicamente d’avanguardia, strutture attrezzate di varia tipologia per gli anziani, strutture sanitarie specializzate et similia.
Se, dunque, il sostegno all’inabilità non può che fondarsi su una capillare, razionale ed efficace rete pubblica, un buon contributo può derivare anche dal mondo del welfare privato, in una virtuosa collaborazione, di fatto, tra Pubblico e privato.
di Sergio Corbello

fonte: Secondo Welfare