Adesso riprendono i lavori fra le parti sociali ed il governo sulle pensioni. I punti sul tappeto sono tanti anche perché l’emergenza Covid da messo ancora una volta in evidenza la fragilità del nostro sistema di welfare, che rimarrà tale finchè manterrà il suo impianto sinallagmatico ( a prestazioni corrispettive, cioè in base ad i contributi versati) ed assicurativo.
Fra i punti in discussione c’è quello canonico e ormai residuale e rituale del “rilancio della previdenza complementare”. Ma ammesso che si arrivi a discutere anche di questo punto oltre alle generiche di9chiarazioni fondate sull’aria fritta e quindi prive di risvolti concreti, a latere incombe una minaccia abbastanza consistente lanciato da pensionielavoro.it, il sito collegato ad Itinerari previdenziali: l’aumento della tassazione sulla previdenza complementare.
Infatti le recenti proposte delle Commissioni Finanze di Camera e Senato sulla riforma fiscale sembrano andare in questa direzione.
Nel documento per la predisposizione della legge delega sulla riforma fiscale elaborato dalle rispettive Commissioni di Camera e Senato. Oggi LA PENSIONE Inps e la rendita complementare sono due cose separate che non fanno reddito complessivo, pertanto la tassazione della previdenza complementare, per renderla più appetibile, gode di alcune agevolazioni, giudicate peraltro insufficienti guardando il basso numero delle iscrizioni ai fondi pensione. La commissione vuole sommare i due importi così aumentando l’aliquota marginale, si finisce per pagare di più dei benefici avuti.
Oggi siamo nel cosiddetto sistema ETT cioè Esenzione, Tassazione e tassazione. I versamenti alla complementare fino a 5.164 sono esenti. I rendimenti finanziari invece sono tassati con aliquota ridotta pari al 20%, rispetto al 26% ordinario (è del 12,5% per i titoli di Stato e assimilati); in origine era l’11%. Le prestazioni in rendita e capitale sono tassate con aliquota sostitutiva tra il 15% e il 9% per incentivare la permanenza nei fondi. Il meccanismo è semplice: dopo il 15esimo anno di permanenza nei fondi, per ogni anno successivo la tassazione si riduce dello 0,3% fino a raggiungere il 9%. La Commissione di alleggerire il peso sulle tassazioni forse anche senza rendersene conto, il che è poco credibile, visto le menti eccelse che ci lavorano, le aumenta.
Sostiene Itinerari previdenziali che “passare a EET ( Esenzione dei contributi, esenzione dei rendimenti, tassazione delle prestazioni), come in modo assai sprovveduto propongono le Commissioni presiedute da Marattin e D’Alfonso, significa togliere la tassazione del 20% sui rendimenti (20% di un rendimento del 3% è 0,6%) e tassare ad aliquota marginale (cumulo dei redditi) le prestazioni finali: insomma, ci tolgono lo 0,6% e ci fanno pagare fino al 46%. Con l’aggravante che la normativa italiana prevede un’enormità di bonus, esenzioni e agevolazioni fiscali (le tax expenditures), tutte legate al reddito, in un Paese nel quale il 51% dei pensionati è totalmente o parzialmente assistito e un altro 20% gode di prestazioni aggiuntive anch’esse collegate al reddito e che scomparirebbero se il soggetto avesse anche la rendita complementare.