In circa 20 anni, l’iniziativa delle Nazioni Unite di utilizzare dei criteri ESG per gli investimenti è diventato un fenomeno globale. Oggi ha raggiunto secondo Wikipedia un asset in gestione che rappresenta oltre 30 trilioni di dollari. Questi investimenti hanno registrato un aumento di quasi il 525% solo fra il 2015 ed il 2017, riferisce Morningstar.
Negli anni 1950 e ’60 i potenti fondi pensione statunitensi su spinta dei sindacati presero in considerazione l’opportunità di investire le loro risorse in un più ampio ambiente sociale: Così negli Stati Uniti l’International Brotherhood of Electrical Workers (IBEW) investì il loro considerevole capitale nello sviluppo di progetti abitativi a prezzi accessibili, mentre le United Mine Workers investirono in strutture sanitarie.
Da allora il mercato degli investimenti ha iniziato indirizzare sempre di più su prodotti orientati su investimenti socialmente responsabili a lungo termine. Questo ha fatto sì che le preoccupazioni ambientali, sociali e di governance stiano diventando sempre più importanti nel mercato degli investimenti che cessavano di essere in questo ambito, una questione esclusivamente filantropica.
Attraverso il tempo i fattori fondamentali di simili investimenti si articolarono in tre macro-categorie:
il cambiamento climatico (Environmental)
l’equità sociale (Social)
la corretta amministrazione (Governance)
La sigla, o acronimo è ESG
Quando si parta di criteri ESG ci si riferisce congiuntamente a queste tre aree
E (Environmental): questa macro area riguarda tutto ciò che attiene alla lotta al cambiamento climatico. Una volta che Stati hanno fissato gli obiettivi globali gli investitori istituzionali devono agire concorrendo alla loro realizzazione nei confronti dell’ambiente. Le attività preminenti in questo ambito riguardano, tra gli altri, la gestione di risorse vitali (come l’acqua e l’aria), il rispetto della biodiversità, la sicurezza agroalimentare e il contenimento delle emissioni di anidride carbonica.
S (Social): questa macro area afferisce alle attività che hanno un impatto sociale. I parametri ambiscono a rilevare, ad esempio, il rispetto dei diritti civili e lavorativi da parte di un’impresa in cui si investe, il mantenimento di uno standard di lavoro adeguato, l’osservanza delle leggi relative al lavoro minorile e il più ampio campo dell’equità sociale.
G (Governance): questa macro area riguarda la responsabilità di amministrazione delle istituzioni, aziende e organizzazioni. Questo capitolo è particolarmente importante poiché la governance di una società dà agli osservatori esterni indicazioni cruciali sull’identità aziendale. Sotto la lente, dunque, le retribuzioni degli amministratori apicali, il rispetto della meritocrazia e dei diritti degli azionisti, la remunerazione del comitato esecutivo e del consiglio d’amministrazione e la qualità e diversità di quest’ultimo.
Le politiche di investimento ESG non possono non riguardare le forme di previdenza complementare ed infatti incidono sempre di più sulle politiche di investimento dei piani previdenziali, in quanto hanno un’ottica di medio-lungo periodo ed perseguono una funzione sociale. Più nel dettaglio, anche la COVIP, come si legge nella Relazione per l’anno 2017, sostiene che “tra fondi pensione e investimenti sostenibili appare esservi una naturale affinità, determinata da una parte dalla prospettiva di lungo periodo che deve necessariamente sia ispirare i fondi pensione nell’attività di investimento, sia connotare gli investimenti per essere effettivamente sostenibili dal punto di vista ambientale, etico e sociale; dall’altra, dall’indubbia valenza sociale degli stessi fondi pensione, quali istituzioni finalizzate ad assicurare un migliore tenore di vita dei lavoratori nell’età anziana”.
Tali caratteristiche comuni fanno in modo che l’adozione di strategie di investimento ESG da parte dei fondi pensione risultino coerenti con il dovere fiduciario che quest’ultimi hanno nei confronti dei propri iscritti e soprattutto di quelli più giovani. Relativamente alla regolamentazione del settore dei fondi pensione, una delle più recenti novità legate a tale ambito è la direttiva (UE) 2016/2341, comunemente denominata IORP II (Institutions for Occupational Retirement Provision). Quest’ultima è stata recepita in Italia il 13 dicembre 2018 dal decreto legislativo 147/2018, che modifica il decreto legislativo 252 del 2005 ed è entrata in vigore dal 1° febbraio 2019. L’obiettivo della IORP II è quello di rafforzare il sistema di governance e di gestione del rischio, sensibilizzando i fondi pensione sull’importanza di prendere in considerazione i fattori ESG nelle scelte di allocazione delle risorse e incoraggiandoli ad integrare il sistema di risk management con i rischi nuovi ed emergenti, compresi i rischi legati al cambiamento
climatico. Nel dettaglio la nuova norma riguarda direttamente i fondi pensione negoziali e quelli preesistenti con soggettività giuridica
( vedi Politiche di Investimento ESG nei Fondi Pensione Italiani – Pepolino, G Universitàa Politecnica delle Marche).
Secondo FocusRisparmio oltre il 60% dei fondi pensione italiani integra i criteri Esg. Oggi sono oltre 6 su 10, il 62,5%, in aumento rispetto al 2020, e gestiscono secondo sostenibilità circa 141.325 milioni di euro, corrispondenti al 68% del patrimonio complessivo. Non solo: per oltre la metà di questi è sostenibile la quasi totalità del portafoglio.
Il trend, inarrestabile, emerge dalla consueta indagine sulle politiche Sri, realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con Mefop e Mondo Institutional, presenta nell’ambito della Settimana Sri. Le categorie più attente agli aspetti di sostenibilità si confermano i fondi pensione aperti e le casse di previdenza.
Le principali motivazioni che spingono gli operatori previdenziali a integrare gli aspetti Esg nelle scelte di investimento riguardano la possibilità di gestire più efficacemente i rischi finanziari (soprattutto per casse previdenziali e fondi pensione) e di raggiungere un duplice risultato, contribuire a mitigare l’impatto socio-ambientale ed ottenere una migliore performance sui rendimenti.
Tra i fondi che integrano criteri Esg, nel 42% dei casi vengono effettuati investimenti in prodotti specificatamente legati allo sviluppo delle fonti rinnovabili e alla transizione energetica. In merito alla governance, bisogna riconoscere che i fondi pensione negoziali in Italia hanno sempre soddisfatto i criteri previsti dalla Iorp II nonostante che all’inizio del percorso della previdenza complementare in Italia molti dubitavano sulla capacità delle rappresentanze dei dipendenti nei Consigli d’Amministrazione. E invece per competenza, trasparenza e assenza di conflitti di competenza, oltre che a percepire modeste retribuzioni rispetto alle masse economiche gestite.