Il sistema contributivo per i lavoratori assunti dopo il 1996, è “sinallagmatico”, cioè a prestazioni corrispettive. Quanti contributi si versano, quello sarà restituito in pensione. Manca completamente l’aggancio alle ultime rate stipendiali. Il montante come si sa è costituito dai contributi versati dal primo giorno di lavoro, minimo 20 anni fa, fino al pensionamento, parzialmente rivalutati. Il che rafforza la necessità, specie per chi vorrà andare in pensione con una rendita adeguata, di costruirsi una pensione di scorta, aderendo alla previdenza complementare.

L’avvio della previdenza complementare in Italia non è stato facile e ancora oggi non raggiunge quella platea minima ritenuta ottimale, anche se 9 milioni di aderenti non sono pochi, circa il 27% dell’universo di riferimento.
Hanno pesato su questo risultato:
• le rendite pensionistiche abbastanza congrue erogate dall’Inps e dall’ex Inpdap, garantite dal sistema di calcolo misto contributivo-retributivo,
• la presenza di un istituto previdenziale esclusivamente italiano qual è il Trattamento di Fine Rapporto (TFR),
la paura che essendo le performance della pensione complementare legate agli andamenti dei mercati finanziari, si potesse perdere anche tutto il tfr che se non investito nella previdenza complementare ha una sua rivalutazione autonoma legislativamente prevista (rivalutazione annua dell’1.5% + 0,75% dell’inflazione).
Ora lo scenario costituito da pensioni sufficienti per vivere serenamente in vecchiaia non esiste più e proprio per questo, la riforma Dini, prevedendolo, si preoccupò della previdenza complementare.
Nel 2005 entrò in vigore il decreto legislativo 252 che riordinò l’intera materia per favorire le adesioni.
I soggetti, o le forme di previdenza complementare sono di tre tipologie: i fondi negoziali di categoria ( fondi chiusi), i fondi aperti ed i piani pensionistici individuali, i Pip, prodotti assicurativi.

I Fondi chiusi o negoziali
I fondi negoziali, istituiti in seguito di contrattazione collettiva, raccolgono le adesioni di lavoratori di una determinata categoria. In pratica ognuna ha un proprio fondo pensione.
Costituiti sotto forma di associazioni senza scopo di lucro sono istituite attraverso un contratto o un accordo collettivo (o regolamento aziendale), ovvero tramite un accordo tra lavoratori promosso da sindacati o associazioni di categoria.
A seconda dell’ambito di adesione, possono essere distinti in:
fondi aziendali o di gruppo: istituiti per singola azienda o gruppi di aziende;
fondi di categoria o comparto: istituiti per categorie di lavoratori o comparto di riferimento;
fondi territoriali: istituiti per raggruppamenti territoriali.
Ai fondi pensione negoziali possono aderire i lavoratori dipendenti pubblici e privati e i lavoratori autonomi per i quali sussista un fondo di riferimento o di categoria.
I Fondi chiusi o negoziali furono subito messi alla gogna per l’accusa mosse alle organizzazioni sindacali di fare concorrenza alle banche e alle assicurazioni per smania di potere (anche economico) di agguantare la greppia economica e di tutto e di più. Ignorando i più dell’esistenza di una fitta rete di tutela a partire dalla vigilanza della Covip.

Adesione contrattuale
Molti contratti di lavoro prevedono la cosiddetta adesione contrattuale, in questo caso il lavoratore sarà iscritto automaticamente alla forma pensionistica di riferimento mediante il versamento unicamente da parte del datore di lavoro del contributo fissato dagli accordi collettivi per l’adesione contrattuale.
I lavoratori hanno la possibilità di trasformare l’adesione contrattuale in adesione piena con il conferimento del Tfr ed il versamento del contributo a suo carico oppure recedere entro un determinato periodo di tempo.
I contributi versati alla previdenza complementare sono deducibili fino  al limite massimo di 5.164,27 euro annuo.
I fondi pensione negoziali delegano la gestione del proprio patrimonio (distinto e separato da quello dell’azienda di riferimento) a un intermediario autorizzato: società di gestione del risparmio, compagnia di assicurazione, banca o SIM (società di intermediazione mobiliare).
In ogni caso, tutti ne prevedevano un rapido e disastroso tracollo a beneficio degli altri soggetti esistenti sul mercato. Già nel 2010 a soli 3 anni dalla entrata in vigore del Dlvo 252/05 la Banca d’Italia lanciava i suoi strali contro i Fondi pensione negoziali.

Oggi i fondi di categoria hanno conquistato la fiducia di tutti i lavoratori e a parità di condizioni offrono rendimenti più alti.

Le prestazioni erogabili da un fondo pensione

I fondi pensione erogano le seguenti prestazioni:
Le anticipazioni
I riscatti (liquidazione della posizione maturata se non si sono raggiunti i requisiti per la pensione)
Il trasferimento – portabilità ( la possibilità di trasferirsi da un fondo pensione ad un altro)
La pensione complementare ( Rendita).
Spese sanitarie: erogabile max 75% ed in qualsiasi momento
Prima casa per lavoratori o loro figli o ristrutturazione: erogabile max 75% e dopo 8 anni di iscrizione
Possibilità di avere un’anticipazione per qualsiasi esigenza senza obbligo di spiegazione  erogabile fino ad un massimo del  30% e dopo 8 anni di iscrizione – esclusi i dipendenti pubblici.
Possibilità di anticipazioni per congedi formazione e parentali.

E’ inoltre prevista la possibilità reintegrazione
Riscatto totale può essere richiesto in presenza di invalidità con riduzione capacità lavorativa ad 1/3, ovvero a seguito cessazione seguita da inoccupazione superiore a 48 mesi (se non c’è diritto a pensione anticipata)
Riscatto parziale nella misura del 50% in presenza di cessazione seguita da inoccupazione superiore a 12 mesi, ovvero in presenza di mobilità o cassa integrazione
Possibili forme di riscatto totale connesse alla perdita dei requisiti di partecipazione, se e come previsti dagli statuti, con tassazione meno favorevole
In caso di riscatto a seguito decesso non vi è differenza tra le diverse tipologie di Fondi. In assenza di eredi e di diverse disposizioni la posizione rimane acquisita al Fondo se negoziale, ovvero viene devoluta a finalità sociali se si tratta di forme pensionistiche individuali.

RITA – Rendita integrativa temporanea anticipata

E’ l’erogazione anticipata della rendita della previdenza complementare (escluse quelle a prestazione definita) in forma di rendita temporanea del montante accumulato richiesto, fino al conseguimento dei requisiti pensionistici.
Si può chiedere fino a 5 anni prima della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia con 20 anni di contributi e 5 anni di iscrizione alla complementare
Oppure per inoccupazione per un periodo superiore a 24 mesi;
massimo dieci anni per l’accesso alla pensione di vecchiaia se lo stabilisce il Fondo;
Es: Montante accumulato al momento della richiesta 100.000 si può chiedere chhe venga trasformato tutto in rendita, oppure una cifra diversa, 80.000 ad es. I residuo di 20.000 sarà utilizzato alla cessazione per incrementare la rendita o in unica soluzione.

La RITA prevista in via sperimentale dal 1° maggio 2017, ora è stabilizzata, cioè si può chiederla in qualsiasi momento non essendovi più nessuna scadenza.

Fiscalità
La rendita per pensione complementare è assoggettata alla ritenuta con l’aliquota del 15 per cento, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno dopo il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali, cioè fino al 9%.

Camillo Linguella