Lo Stato della pensione complementare a dicembre 2022: la debacle dei fondi

Il 30 gennaio 2023 la Covip, l’Autorità di Vigilanza sulla previdenza complementare ha reso noto i principali dati statistici aggiornati a dicembre del 2022 sull’andamento delle adesioni, sulla gestione finanziaria e sui rendimenti. Quest’anno il Tfr ha superato di gran lunga i rendimenti dei fondi a causa dell’inflazione che ha sfiorato il 10%.

Gli iscritti

Alla fine del 2022, gli iscritti alla previdenza complementare sono 10,3 milioni, in crescita di 564.000 unità (+5,8 per cento) rispetto alla fine del 2021.
Nei fondi negoziali si registrano 349.000 posizioni in più rispetto alla fine dell’anno precedente (+10,1 per cento), per un totale di 3,806 milioni. L’incremento continua a dipendere principalmente dall’apporto delle adesioni contrattuali (circa 200.000), ossia quelle basate sui contratti collettivi che prevedono l’iscrizione automatica dei nuovi assunti e il versamento di un contributo minimo a carico del datore di lavoro; quest’anno ha contribuito alla crescita delle iscrizioni l’attivazione dell’adesione anche attraverso il meccanismo del silenzio-assenso per i neo-assunti del pubblico impiego (circa 80.000). Nelle forme pensionistiche di mercato, si rilevano 106.000 posizioni in più nei fondi aperti (+6,1 per cento) e 84.000 posizioni in più nei PIP “nuovi” (+2,3 per cento); alla fine di dicembre, il totale delle posizioni in essere in tali forme è pari, rispettivamente, a 1,842 milioni e 3,697 milioni di unità.

Le risorse in gestione e i contributi

Le risorse destinate alle prestazioni sono, a fine dicembre 2022, pari a 205 miliardi di euro; per effetto delle perdite in conto capitale determinate dall’andamento dei mercati finanziari, le risorse sono diminuite di circa 7,7 miliardi rispetto a dicembre del 2021. Nei fondi negoziali, l’attivo netto è di 61 miliardi di euro; esso ammonta a 28 miliardi nei fondi aperti e a 45 miliardi nei PIP “nuovi”. Nel corso del 2022 i contributi incassati da fondi negoziali, fondi aperti e PIP sono stati pari a 13,9 miliardi di euro (+4,2 per cento rispetto al 2021). L’incremento si riscontra in tutte le forme pensionistiche, variando dal 4,5 per cento per i fondi negoziali, al 7,8 per cento per i fondi aperti, al 2 per cento per i PIP.

I rendimenti

Nel 2022 i risultati delle forme complementari hanno risentito del calo dei titoli azionari e del rialzo dei tassi di interesse nominali, che a sua volta determina il calo dei titoli obbligazionari.
I rendimenti netti sono pertanto risultati negativi e pari, in media tra tutti i comparti, a -9,8 e a -10,7 per cento, rispettivamente, per fondi negoziali e fondi aperti; nei PIP di ramo III essi sono stati pari a -11,5 per cento. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,1 per cento.
Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, nei dieci anni da inizio 2013 a fine 2022 il rendimento medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato pari al 2,2 per cento per i fondi negoziali, al 2,5 per i fondi aperti, al 2,9 per i PIP di ramo III e al 2 per cento per le gestioni di ramo I; nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2,4 per cento annuo.

Osservando la distribuzione dei risultati dei singoli comparti tra le diverse tipologie di forma pensionistica e le diverse linee di investimento, i comparti caratterizzati da una maggiore esposizione azionaria mostrano rendimenti più elevati rispetto agli altri e al TFR. Essi mostrano anche una maggiore dispersione dei risultati rispetto alle altre tipologie di comparto per i fondi aperti e per i PIP di ramo III, ma non per i fondi negoziali.