Celebrata la giornata della demografia europea: Cala la popolazione e mette in crisi il welfare

Uno studioso giapponese invita i vecchi a suicidarsi

Come si sa ormai da tempo nei paesi più avanzati i vecchi sono più numerosi dei giovani. Assorbono risorse economiche e sociali non indifferenti. Cosi l’economista di origine nipponica Yusuke Narita, docente a Yale, negli Stati Uniti, suggerisca al Giappone, come rimedio all’esplosione dei conti pensionistici e stimolo alla natalità in uno Stato con appena 1,34 nascite per donna, l’eliminazione fisica dei vecchi. Il sistema sarebbe quello del suicidio di massa, con il metodo del seppuku, rituale imposto ai samurai che disonoravano il Paese.

Il 15 febbraio 2023 si è celebrata, con un evento on line la Giornata europea della demografia.
Gli Europei della UE sono circa 448 milioni di abitanti su una superficie di oltre 4 milioni di chilometri quadrati, secondo i dati del 2022. Una popolazione che invecchia e diminuisce. Tra il 2020 e il 2022 c’è stato un calo di 650 mila cittadini.
Oggi un europeo su 5 ha più di 65 anni, e gli ultraottantenni sono il 6% della popolazione. Questo è il quadro di sintesi emerso dall’evento sulla Giornata europea della demografia organizzato da Population Europe e dall’Istituto federale di ricerca sulla popolazione (BIB) in collaborazione con la
Commissione europea
Associazione europea per gli studi sulla popolazione
Association Internationale des Démographes de Langue Française
Associazione Italiana per gli Studi di Popolazione
Società britannica per gli studi sulla popolazione
Deutsche Gesellschaft für Demographie
Nederlandse Vereniging voor Demografie

Nel corso dei lavori sono state messe in evidenza tre aree di urgente rilevanza
1 Aumento dei problemi sociali con l’aumento dell’invecchiamento.
Bisogna essere consapevoli che non esistono rimedi rapidi per affrontare i cambiamenti socio-economiche legate all’invecchiamento . Questi cambiamenti devono essere approntati da subito.
2 Indirizzi comuni sulle politiche demografiche
Occorre prepararsi ai cambiamenti a valere per tutte le generazioni viventi e in tutti i settori, dall’istruzione all’assistenza sanitaria, alla previdenza, dall’occupazione alle politiche familiari. Affinché ciò si realizzi, serve uno scambio continuo di conoscenze a livello e formazione di indirizzi comuni a livello di Unione europea.
3 il Gender gap

In una moderna pianificazione demografica occorre tener presente la questione di genere, il c.d. empowerment ( capacità per le donne di avere pieno controllo sulle proprie scelte relazionali, lavorative e familiari) elementi per le implicazioni sulla futura crescita economica della società.
Secondo l’Atlante demografico interattivo del Knowledge Center on Migration and Demography (Kcmd) nel 2050 saremo 6 milioni e 450mila in meno, l’età media si alzerà a 48,2 anni e gli over 65 diventeranno il 29,6% della popolazione mentre gli under 25 caleranno ancora, al 23,4%. In questo trend anche l’Italia, nel 2050 avrà perso altri 2.161.497 milioni di abitanti, che avranno comunque un’età media di 51,6 anni. Gli over 65 saranno quasi il 34%, gli under 25 meno del 20%.
La cosiddetta piramide delle età della popolazione italiana relativa al 2022 mostra una forte erosione alla base tipica della maggior parte delle Nazioni sviluppate, assumendo quella che viene chiamata “ forma a trottola”. Questo fenomeno, ovvero l’invecchiamento della popolazione, è dovuto alla diminuzione del tasso di natalità e al contemporaneo aumento della capacità di sopravvivenza e quindi della speranza di vita. Le fasce di popolazione più numerose sono quelle degli italiani nati durante il boom demografico degli anni sessanta.

Per quanto attiene il welfare crescono gli oneri sanitari, assistenziali e previdenziali in quanto crescono coloro che hanno diritto alle prestazioni (e per un tempo maggiore) e diminuiscono le risorse.
Nel campo previdenziale propriamente detto, le pensioni, ciò è più evidente.
A prescindere dai pensionamenti anticipati, a fronte del pagamento delle rendite per un periodo molto più lungo, mancano i versamenti contributivi per pagarle, in quanto ci sono meno giovani e quindi meno lavoratori attivi.
E’ presumibile che superata la fase acuta della denatalità la popolazione e la popolazione torna a distribuirsi in una curva ordinaria cioè con una base larga e vertice ristretto ( molti nati, molti giovani, pochi vecchi) la situazione si ristabilizzi dal punto di vista economico sociale.
Una minore pressione della popolazione porta ad un minor sfruttamento delle risorse naturali, ad un allentamento degli allevamenti e dell’agricoltura intensivi, meno emissioni di CO2 eccetera.
Ma come sarà gestita questa fase di transizione questo è il vero problema e non sembra che nessuno statista oggi abbia le idee chiare in merito, se non quelle che conosciamo sia rispetto al welfare che rispetto ai cambiamenti climatici, tutti intenti come sono a recitare il mantra dell’attuazione dei fattori ESG come rimedio immediato di tutti i mali.