L’ultima assemblea di Assofondipensione ribadisce i numeri modesti delle adesioni ai fondi confermando quanto il mercato vero in Italia resti lontano dalla previdenza. Marco Barbieri, direttore di wewelfare, analizza lo stato attuale e i possibili sviluppi in un articolo apparso su professionefinanza.com

La previdenza complementare in Italia non decolla. Non lo scopriamo oggi. Il fatto che sia una storia recente (25 anni di vita regolamentata sono pochi nell’orizzonte temporale proprio della previdenza) non può esimere da certificare una grave difficoltà di crescita.

L’ultima assemblea di Assofondipensione, (l’associazione che raccoglie i Fondi pensione negoziali), ha ribadito numeri modesti, in tema di adesioni (e di rendimenti, complice la congiuntura terribile).

La partecipazione dello Stato è necessaria?

Restano due problemi non risolti. Uno ogni tanto emerge. Il presidente di Cometa, Riccardo Realfonzo, ha recentemente ricordato la bassa quota di investimento dei fondi pensione nell’economia reale. E ha lanciato una proposta: “Parte dei patrimoni dei fondi pensione dovrebbero confluire in un veicolo partecipato dallo Stato”. Un fondo di fondi che dovrebbe investire in PMI e anche in infrastrutture con l’obiettivo di far crescere le dimensioni delle aziende italiane. Lo Stato garantirebbe un rendimento minimo sulla soglia di quello del Tfr.

Lo statalismo si veste di facce sempre diverse, e non sempre sbagliate. Ma il mercato ha bisogno di più Stato? Peraltro, è appena il caso di ricordare che al Progetto Economia Reale promosso ormai tre anni fa da Assofondipensione con Cdp – e dove non c’è alcuna rete di protezione sui rendimenti – ha aderito solo la metà dei Fondi associati. Il mercato, quello vero, resta lontano dai Fondi pensione in Italia.

Il sistema della previdenza complementare ha compiuto negli ultimi anni un percorso di crescita che ha permesso di portare sui tavoli decisionali le questioni più spinose e che l’Italia deve poter fronteggiare tempestivamente oggi, ragionando in una prospettiva di lungo periodo; tuttavia rimane ancora centrale un grande bisogno di proposte da parte dei soggetti coinvolti e una maggiore collaborazione fra le parti.

L’aspetto contributivo, un aspetto non indifferente

Il secondo problema irrisolto (e quasi sempre sottaciuto) è quello dei contributi. Come si può pensare che la previdenza complementare possa offrire una vera “pensione di scorta” quando conta su briciole contributive? A fronte di una contribuzione obbligatoria del 33% (o giù di lì) come si può pensare che lavoratori (e aziende) possano versare quote aggiuntive significative? È un nodo che non si scioglie. Si può tagliare? Forse solo con un intervento fiscale di vantaggio. Il bilancio dello Stato se lo può (o vuole) permettere?

Continuare la via della sensibilizzazione

È compito di tutti gli attori del welfare continuare con la diffusione della cultura previdenziale a tutti i livelli e ambienti, attivando percorsi di sensibilizzazione nelle scuole e rivolgendosi alla cittadinanza per stimolare una riflessione sulla complessità della questione e della necessità di agire in un’ottica sostenibile del sistema nel lungo periodo.

fonte: wewelfare.it