Le pensioni del 2024: una rivincita della Fornero

La legge di bilancio 2024 segna uno spartiacque significativo rispetto agli indirizzi presi negli ultimi anni in materia previdenziali, all’indomani del varo della riforma pensionistica Monti Fornero nel 2011 varata da parte di un governo non eletto dal popolo, anche se formalmente in possesso di tutti i requisiti formali previsti dalla Costituzione.

Già nel 2012 si cominciò a mettere mano alle crepe più assurde e dolorose di questa legge che i fautori dell’austerità made UE, dovevano tenere già pronta nel cassetto. Infatti il presidente del Consiglio di allora, promosso sul campo senatore a vita, era stato un commissario UE. Queste crepe erano individuabili nel problema dei c.d. “esodati”, lavoratori che all’improvviso si trovarono senza stipendio e senza pensione. E occorsero una decina di provvedimenti di salvaguardia per tutelarli, consumando , fra l’altro i risparmi che si pensavano di ottenere e senza tutelare completamente i malcapitati.
Nel paese sorse un’onda di indignazione contro la legge Fornero che si scusò in lacrime in televisione, rassicurata dal fatto che le rivolte che le pensioni suscitavano in Francia, qui non erano minimamente immaginabili. Ma dal 2016 governo e parti sociali istituirono un tavolo di confronto sulle pensioni da realizzare con le varie leggi di bilancio successive. Fu così che nel settembre 2016 ci fu il primo “storico” accordo sulle pensioni attuato con la legge di stabilità 2017. Allora era in carica il governo Gentiloni
Ma la lotta alla Fornero divenne un cavallo di battaglia da spendere in campagna elettorale e, paradossalmente quelli forze che più di tutti si battevano per superare la Fornero, oggi complici i loro stessi errori ( quota 100 ad es) hanno varato un inaspettato giro di vite sui pensionamenti anticipati.
Ma chi ci perde più di tutti sono i pensionati contributivi “puri” che di questa purezza farebbero volentieri a meno che, per avere lo stesso importo di chi non ha mai versato contributi devono lavorare almeno 20 anni e i coloro che da pensionati non avranno il pieno riconoscimento della perdita del valore della pensione, subendo anno dopo anno delle perequazioni ridotte, pur avendo versato fior di contributi sia all’Inps che all’Agenzia delle Entrate. Per loro non c’è il cuneo fiscale tagliato, ma la perequazione tagliata. Ad un lavoratore giustamente si danno 100 euro in più al mese, ad un pensionale, cumulativamente, si toglie lo stesso importo.
Ed ora dopo questo preambolo vediamo punto per punto le misure adottate.

Il taglio del cuneo fiscale/contributivo ( art. 1, coma 15 ) è confermato per tutto il 2024 per i dipendenti pubblici e privati. L’ esonero sulla quota di contributi previdenziali dovuti dai lavoratori viene riconosciuto con le medesime modalità del 2023 nella misura del 6 %, per le retribuzioni fino i 2.692 € mensili, e nella misura del 7 % per retribuzioni fino a 1.923 € mensili. In entrambi i casi la retribuzione imponibile è parametrata su base mensile per tredici mensilità, e i suddetti limiti mensili sono considerati al netto dei ratei di tredicesima eventualmente erogati nei singoli mesi ( cfr. Circ. n. 7 del 24.01.2023 e mess. n. 1932 del 24.05.2023 ) . L’esonero non incide sul calcolo della pensione.

Soglia di esenzione dei fringe benefits ( art. 1, commi 16 e 17 ) – E’ stato confermato anche nel 2024 l’innalzamento della soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit e dai 258,23 euro ordinari si passa a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico e a 1.000 euro per gli altri lavoratori dipendenti. Nel regime di esenzione possono essere ricomprese le somme erogate o rimborsate dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale e delle spese per il contratto di locazione della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo stipulato per l’acquisto della prima casa. Restano confermate le modalità di fruizione esposte dall’ Agenzia delle Entrate e dall’ INPS rispettivamente con la circ. n. 23/E del 1.08.2023 e circ. n. 49 del 31.05.2023.

La Legge di bilancio estende a tutto il 2024 l’ulteriore detassazione sull’imposta sostitutiva dell’ IRPEF, e delle relative addizionali regionali e comunali, applicabile alla retribuzione variabile legata ad incrementi di produttività; redditività ; qualità ; efficienza ed innovazione, purchè misurabili e verificabili, e alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. L’aliquota agevolata al 10 per cento viene ulteriormente ridotta di cinque punti percentuali, nel limite massimo annuo di 3.000 euro ( elevato a 4.000 euro per le imprese che coinvolgono pariteticamente i lavoratori ), a condizione nell’anno precedente il reddito di lavoro dipendente non sia stato superiore a 80.000 euro. Per molti profili, sono ancora valide le indicazioni fornite dall’ Agenzia delle Entrate con le circ. n. 28/E del 15.06.2016 e la circ. n. 5/E del 29.03.2018.

Per il triennio 2024-2026, è previsto un esonero del 100 per cento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri di tre o più figli, con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo e nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile. In via sperimentale, per l’anno 2024, tale esonero è riconosciuto anche alle lavoratrici madri di due figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.

Modificati gli importi ” soglia” necessari per il diritto alla pensione di vecchiaia e anticipata dei lavoratori con i contributi successivi al 31 dicembre 1995.
Per il trattamento di vecchiaia, il valore minimo, finora pari a 1,5 volte la misura dell’assegno sociale ( pari nel 2023 a 507,02 euro ), è uguale a quest’ultimo con coefficiente pari a 1,0 , ferma restando l’ipotesi di un valore più elevato in base alle variazioni medie quinquennali del PIL. Resta fermo che tale condizione non si applica al compimento di un’età anagrafica più elevata (attualmente pari a 71 anni) rispetto al requisito generale per la pensione di vecchiaia (requisito attualmente pari a 67 anni) e sempre che sussista uno specifico requisito di contribuzione effettiva pari a 5 anni).
Per il trattamento anticipato ( attualmente 64 anni di età e 20 anni di contributi ), l’importo soglia, finora pari a 2,8 volte la misura dell’assegno sociale, viene cambiato con i coefficienti moltiplicatori diversificati pari a : 3,0 volte l’assegno sociale per le donne senza figli e per gli uomini; 2,8 volte per le donne con un figlio; 2,6 volte per le donne con almeno due figli, ferma restando l’ipotesi di un valore più elevato in base alle variazioni medie quinquennali del PIL.
La norma prevede inoltre che il requisito contributivo della pensione anticipata venga adeguato all’evoluzione delle speranze di vita.

Con riferimento ai soggetti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 rientranti nel sistema contributivo integrale, si riconosce la possibilità di riscattare, in tutto o in parte, e nella misura massima di 5 anni anche non continuativi, periodi non coperti da contribuzione antecedenti al 1° gennaio 2024. La facoltà di riscatto è ammessa per i periodi non coperti da contribuzione presso forme pensionistiche obbligatorie, ivi comprese quelle delle Casse previdenziali dei liberi professionisti ( cfr. circ. n. 106 del 25.07.2019 ) . I relativi oneri, interamente deducibili, possono essere versati all’ente previdenziale in unica soluzione ovvero in un massimo di 120 rate mensili. La rateizzazione non può essere ammessa nel caso in cui i contributi riscattati debbano essere utilizzati per l’immediata liquidazione della pensione. La disciplina è identica a quella introdotta nel 2019 dal DL 28 gennaio 2019, n. 4.

Anche nel 2024 la perequazione, ossia la rivalutazione delle pensioni sulla base dell’indice del costo della vita, non sarà uguale per tutti. I trattamenti pensionistici superiori a dieci volte il trattamento minimo si vedranno decurtata la percentuale di rivalutazione di 10 punti, passando così dal 32 al 22 per cento. Per i trattamenti pensionistici inferiori o pari a quattro volte il trattamento minimo, la perequazione resta riconosciuta nella misura del 100 per cento. Analogamente, per le classi intermedie relative a valori non superiori a cinque, sei, otto e dieci volte il trattamento minimo – restano fermi i valori di 85, 53, 47 e 37 punti percentuali.

La nuova norma dispone la proroga per l’anno 2024, incrementando il requisito anagrafico da 63 anni a 63 anni e 5 mesi. Pertanto, i soggetti in possesso dei requisiti possono presentare domanda per il loro riconoscimento dell’APE sociale entro il 31 marzo 2024, ovvero entro il 15 luglio 2024.
L’ APE Sociale consiste in un’ indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni ( stato di disoccupazione ; lavoratori che assistono parenti o affini disabili ; lavoratori con invalidità minima la 74% ; lavoratori adibiti a mansioni gravose ).

Elevato il requisito dell’età anagrafica (da 60 a 61 anni) e consente così l’accesso anticipato al trattamento pensionistico “ Opzione Donna “, calcolato secondo le regole del sistema contributivo, alle lavoratrici che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2023, un’età anagrafica di almeno 61 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni) con un un’anzianità contributiva pari almeno a 35 anni, oltre ad essere, alternativamente, in possesso di uno dei seguenti requisiti: 1. assistano da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti; 2. abbiano una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%; 3. siano lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa del MISE. In questo caso, la riduzione di due anni del requisito anagrafico di 61 anni trova applicazione a prescindere dal numero di figli. In proposito la circ. n. 25 del 6.03.2023 ha chiarito che le condizioni citate devono sussistere alla data di presentazione della domanda di pensione.

Anche nel 2024 potranno accedere al pensionamento anticipato “ quota 103 “ i lavoratori che maturano 62 anni di età e 41 anni di contributi. Le modifiche riguardano le limitazioni agli importi degli assegni e alla cd. finestre mobili. La pensione, erogata integralmente con il sistema contributivo, non potrà superare 4 volte il trattamento minimo ( anziché 5 ) sino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia ( attualmente 67 anni ) , mentre per la decorrenza delle prestazioni gli interessati dovranno attendere dalla maturazione dei requisiti 8 mesi nel privato e 9 mesi nel pubblico per il primo accredito. Trova conferma anche nel 2024 l’incentivo alla prosecuzione dell’attività lavorativa, per chi abbia raggiunto i requisiti pensionistici, con la facoltà di richiedere al datore di lavoro il versamento dei contributi previdenziali a proprio carico con diminuzione dell’importo pensionistico finale.

La Legge di bilancio fissa nuovi criteri per il calcolo della parte retributiva della pensione per i pensionamenti anticipati degli iscritti delle ex Casse CPDEL (Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali), CPS (Cassa per le pensioni dei sanitari), CPI (Cassa per le pensioni degli insegnanti), CPUG (Cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari, agli aiutanti ufficiali giudiziari ed ai coadiutori). La norma riguarda le pensioni con decorrenza successiva al 31 dicembre 2023 e una quota retributiva inferiore a 15 anni. Per i casi di anzianità contributiva (rientrante nel sistema retributivo) pari o superiore a 15 anni e zero mesi, l’aliquota di rendimento resta pari a quella già prevista in precedenza per la relativa e specifica anzianità. In ragione del riferimento ai soli casi in cui l’anzianità contributiva inerente alla quota retributiva sia inferiore a 15 anni, la modifica può interessare esclusivamente soggetti che avessero meno di 18 anni di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre 1995, dunque soggetti per i quali la quota retributiva è relativa solo all’anzianità contributiva maturata fino al 31 dicembre 1995.

Riviste le finestre di uscita per la pensione anticipata, a cui potranno accedere i soggetti che hanno maturato un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi, nel caso di uomini, e di 41 anni e 10 mesi, nel caso di donne. Per gli iscritti alle Casse CPDEL ( enti locali ) , CPS ( sanitari ), CPI ( insegnanti ), CPUG ( ufficiali e coauditori giudiziari ) è previsto un allungamento progressivo – in relazione all’anno di maturazione dei requisiti per il pensionamento – che va da 3 mesi se gli stessi sono maturati al 31 dicembre 2024 sino a 9 mesi se maturati dal 31 dicembre 2027.

Modificati i limiti massimi di permanenza in servizio per i dirigenti medici e sanitari nonché per gli infermieri del Servizio sanitario nazionale oltre il limite del quarantesimo anno di servizio effettivo, fermo restando il limite massimo anagrafico di 70 anni. Per i medici di ruolo dell’INPS e dell’INAIL, con decorrenza 1 ° gennaio 2024, il limite è stabilito al compimento del settantesimo anno di età.

A decorrere dal 2024, per gli iscritti alla Gestione separata INPS che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo diverse dall’esercizio di imprese commerciali, compreso l’esercizio in forma associata di arti e professioni, un incremento dell’aliquota aggiuntiva dovuta alla Gestione separata pari a 0,35 punti percentuali.

A meno che non sia sfuggito, non sembra che la manovra si occupi di previdenza complementare. Poi si leggerà meglio per avere una conferma o meno.

L’unica norma che riguarda la previdenza complementare, ma che non riguarda gli attuali iscritti, comunque non è contenuta nella legge di bilancio 2024, bensì del Dl milleproroghe 2024 ( DL 215/23). Torna in vita dopo quattro mesi ‘Previdenza Italia’ restituendole le risorse stanziate e mai assegnate) a fine 2019 di 29,5 milioni, circa 2,5 milioni all’anno”. che erano state assegnate ad Assoprevidenza, un’associazione privata che raggruppa una parte dei fondi pensione italiani. ‘Previdenza Italia’, istituito per promuovere la previdenza complementare e incanalare il risparmio previdenziale verso l’economia reale, in particolare verso le piccole e medie aziende (parliamo di 309 miliardi, il 16% del Pil, tra casse e fondi, ora dovrebbe mettersi a lavorare.