Banca Etica lancia le proprie proposte per una ripresa economica sana, equa e sostenibile. Fondamentale il ruolo della finanza pubblica, ma anche di quella privata.

Che cosa c’entra la finanza etica con il coronavirus? Niente. Almeno non con il virus in sé, ma c’entra molto con la ripresa dalla crisi economica che ha scatenato. Da un lato, perché gli investimenti sostenibili e responsabili in questa fase si stanno dimostrando più capaci di resistere alla crisi e, dall’altro, perché è grazie alla finanza etica che si potrà indirizzare la ripresa verso scelte sostenibili ed eque. Scelte in gradi di costruire un nuovo modello economico più resiliente a possibili crisi future.
Il Consiglio di Amministrazione di Banca Etica ha elaborato un documento che analizza gli strumenti già attivati in Europa e in Italia per rispondere all’emergenza economica innescata dall’epidemia e le ulteriori opzioni attualmente in discussione.

Nel documento la banca presenta proposte concrete, alcune delle quali relative a posizioni storiche del movimento della finanza etica, che oggi potrebbero finalmente trovare applicazione. «L’eccezionalità della situazione che stiamo vivendo ha già fatto crollare alcuni tabù – spiega la presidente di Banca Etica, Anna Fasano – il Patto di Stabilità è sospeso; sono ammessi sia pure temporaneamente gli aiuti di Stato, vietate le vendite allo scoperto sui mercati finanziari. Possiamo osare di sperare che anche altre rivoluzioni saranno possibili».Gli investimenti responsabili resistono alla crisi
La situazione si potrebbe riassumere così: dallo scoppio della crisi del coronavirus i mercati azionari stanno registrando perdite enormi, gli indici sostenibili molto meno. Hanno subito qualche contraccolpo, ma stanno resistendo molto meglio alla situazione. E soprattutto si stanno dimostrando più stabili, fattore che per gli investitori vale molto.
E, infatti, nei primi tre mesi del 2020 la raccolta complessiva per i fondi ESG (che rispettano criteri ambientali, sociali e di buona governance) in Europa ha superato quella dei fondi tradizionali: +30 miliardi contro -148 miliardi di euro.

È questa la differenza tra i flussi netti (positivi) dei fondi sostenibili europei contro quelli negativi dell’industria del risparmio gestito nel primo trimestre. A dirlo è l’ultimo report di Morningstar che ha censito 2.528 fondi comuni di investimento ed Etf (Exchange traded fund) domiciliati nel Vecchio continente che utilizzano i criteri ESG come parte fondamentale del loro processo di selezione dei titoli e/o indicano che perseguono temi sostenibili e/o cercano un impatto positivo misurabile accanto al ritorno finanziario.
di Elisabetta Tramonto

fonte: valori.it