Il governo ha convocato i sindacati il 14 giugno prossimo per discutere della proposta di riforma delle pensioni. Punto nodale della discussione è costituita dalla cosiddetta “flessibilità in uscita”, cioè il consentire che si possa andare in pensione già a 63 anni invece che a 66 e 7 mesi come prevede la normativa attualmente in vigore. Su questo punto il governo già aveva fatto conoscere più o meno ufficialmente le sue intenzioni. La novità è costituita dal fatto che smettendo di lavorare prima non si riscuoterà la pensione, ma si avrà un prestito bancario pari alla pensione spettante, decurtata del 2/4% annuo. Il prestito in quanto tale deve essere restituito in 20 anni. Quest’operazione con uno sforzo di fantasia inenarrabile si chiama Ape, anticipo pensionistico.
Ma anche con quest’escamotage i soldi a disposizione sarebbero sempre pochi. Ecco l’idea geniale venuta a palazzo Chigi, sede del governo: utilizzare le risorse della previdenza complementare per consentire al lavoratore di ridurre l’importo del prestito.
Stavolta l’operazione si chiama RITA, dalla mitica Rita Hayworth che interpretò Gilda nel famoso film omonimo. Rita qui sta per “rendita integrativa temporanea anticipata”, che conferirebbe la possibilità all’aderente della previdenza complementare di percepire anticipatamente la pensione integrativa ( al posto di quella obbligatoria?).
In base all’art. 11 del dlgs 252/2005 il diritto alla prestazione pensionistica integrativa si matura al momento al conseguimento dei requisiti stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza, con almeno cinque anni di iscrizione alle forme pensionistiche complementari.
Già oggi è possibile anticipare la prestazione integrativa. In particolare, in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi, i fondi pensione prevedono, su richiesta dell’aderente, la possibilità di consentite con un anticipo massimo di cinque anni rispetto ai requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza.
Nel disegno di legge sul mercato e la concorrenza si prevede che l’anticipo dell’erogazione delle prestazioni possa avvenire in caso di inoccupazione superiore a 24 mesi con una prestazione costituita da una rendita temporanea con la possibilità anche che i fondi pensione prevedano nei propri regolamenti un ampliamento del termine per l’anticipo fino ad un massimo di 10 anni dal raggiungimento dell’età pensionabile. Per completezza di esposizione va rammentato anche come esista anche una flessibilità nell’accesso alla prestazione di previdenza oltre l’età pensionabile.
La misura rischia di creare confusione e sfiducia sullo strumento pensionistico integrativo, senza considerare che non tutti i lavoratori italiani vi sono iscritti, ma solo un 25%. E gli altri?
Stavolta l’operazione si chiama RITA, dalla mitica Rita Hayworth che interpretò Gilda nel famoso film omonimo. Rita qui sta per “rendita integrativa temporanea anticipata”, che conferirebbe la possibilità all’aderente della previdenza complementare di percepire anticipatamente la pensione integrativa ( al posto di quella obbligatoria?).
In base all’art. 11 del dlgs 252/2005 il diritto alla prestazione pensionistica integrativa si matura al momento al conseguimento dei requisiti stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza, con almeno cinque anni di iscrizione alle forme pensionistiche complementari.
Già oggi è possibile anticipare la prestazione integrativa. In particolare, in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi, i fondi pensione prevedono, su richiesta dell’aderente, la possibilità di consentite con un anticipo massimo di cinque anni rispetto ai requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza.
Nel disegno di legge sul mercato e la concorrenza si prevede che l’anticipo dell’erogazione delle prestazioni possa avvenire in caso di inoccupazione superiore a 24 mesi con una prestazione costituita da una rendita temporanea con la possibilità anche che i fondi pensione prevedano nei propri regolamenti un ampliamento del termine per l’anticipo fino ad un massimo di 10 anni dal raggiungimento dell’età pensionabile. Per completezza di esposizione va rammentato anche come esista anche una flessibilità nell’accesso alla prestazione di previdenza oltre l’età pensionabile.
La misura rischia di creare confusione e sfiducia sullo strumento pensionistico integrativo, senza considerare che non tutti i lavoratori italiani vi sono iscritti, ma solo un 25%. E gli altri?